Dopo il coma, la seconda vita di Fabrizio: “La mia gioia? Mio figlio Tommaso”

libro-Vaccari-coma-risveglio-2Non vede più a sinistra, prende ansiolitici e regolatori dell’umore, vive con la pensione dell’Inail. Ma per Fabrizio Vaccari, 40 anni, faentino, ne vale comunque la pena. Dopo l’incidente che quattordici anni fa l’ha lasciato in coma per 27 giorni, la sua vita non è più stata la stessa. Ma il messaggio è che ridere è meglio. E ogni mattina, dopo aver rivolto il primo pensiero al suo bambino di nove anni, guarda che tempo c’è fuori. Prima di accorgersi che è un’altra giornata da affrontare con il buon umore. Fabrizio sarà questa sera alle 20 al Monastero Sant’Umiltà di Faenza (via Bondiolo 34) insieme alla madre Loretta e al figlio Tommaso per presentare il libro “Sorridi alla vita” (AlkemiaBooks), scritto per aiutare le persone che vivono sulla propria pelle un trauma a superarlo e a cercare nuovi significati per andare avanti.
Fabrizio, che cosa è successo nel 2002?
“Avevo 26 anni. Guidavo la moto di ritorno dal lavoro, a Bologna. Ero di fronte all’ospedale Maggiore, trasportavo pure un collega. Un camion mi ha tagliato la strada e quando mi hanno soccorso, ero già in coma. Ne sono uscito dopo 27 giorni. Il mio collega, invece, per fortuna si è solo rotto le cinque dita di una mano”.
Che conseguenze hai avuto? 
“Mi manca completamente il campo visivo sinistro, vedo come un muro nero. Il trauma cranico è stato fortissimo. A livello motorio ho qualche difficoltà, cammino un po’ storto: molte volte mi hanno fermato le forze dell’ordine per i controlli stradali e quando sono sceso dall’auto mi hanno guardato storto, chiedendomi se avessi bevuto, salvo poi chiedermi scusa una volta controllata la mia identità”.
Come vivi oggi?
“Prendo una piccola pensione dall’Inail. Passo la maggior parte del tempo in casa, al massimo esco per le visite o per prendere un caffè. Dopo l’incidente ho avuto un bar a Faenza per un paio d’anni ma poi ho dato l’attività in affitto. Ora mi segue un neurologo, prendo dei farmaci anche per gestire l’insonnia e il senso di fastidio che provo nei posti molto affollati”.
Come ci si rialza da un’esperienza traumatica come la tua?
“Partendo dalle piccole cose, dall’organizzare la propria vita quotidiana. Io ho preso ad annotare tutto perché la mia memoria è labile e riuscire a ricordare i miei appuntamenti, come per esempio quello con il dentista, mi aiuta a sentirmi meglio e capace. Ho la fortuna, poi, di avere una mamma straordinaria che ha in pratica scritto il libro sotto dettatura, visto che al computer ho qualche difficoltà. Ma la vera luce è mio figlio Tommaso. Io e la madre siamo separati ma lui passa tre pomeriggi alla settimana da te, oltre a un fine settimana al mese”.
Tommaso è consapevole del tuo incidente e dei danni che ti ha portato?
“Tommaso sa tutto, è orgoglioso della mia forza e ottimista rispetto al fatto che la mia salute possa migliorare”.

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