“Il fiore è petaloso”. Il piccolo Matteo è un caso nazionale!

Fiori bisPetaloso. Dobbiamo tutti impegnarci a usare questa parola. A dare ufficialità a questo neologismo coniato da Matteo, un bambino sensibile e intelligente che frequenta la terza della scuola elementare Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara. Un ragazzino che ha avuto la fortuna di incontrare sulla sua strada persone con altrettante capacità e nobiltà d’animo, in primo luogo la sua maestra.

E’ stata infatti la docente, Margherita Aurora, a segnalare la vicenda, a farne un caso linguistico nazionale piuttosto che umiliare la fantasia del piccolo con una banale correzione rossa: “Qualche settimana fa, durante un lavoro sugli aggettivi – ha spiegato ieri la maestra sul suo profilo Facebook – un mio alunno ha scritto di un fiore che era petaloso. La parola, benché inesistente, mi è piaciuta, così ho suggerito di inviarla all’Accademia della Crusca per una valutazione. Oggi abbiamo ricevuto la risposta, precisa ed esauriente. Per me vale come mille lezioni di italiano. Grazie al mio piccolo inventore Matteo”. C’è da segnalare la grande passione didattica di questa maestra quarantenne, divenuta celebre pochi mesi fa per avere assegnato ai suoi ragazzi originali compiti per le vacanze di Pasqua: Fai delle belle dormite riposanti, pisolini compresi, passa tutto il tempo possibile con tuoi genitori: se la mamma cucina qualcosa aiutala leggendole la ricetta e allungandole qualche ingrediente; se il papà ha tempo fai delle belle passeggiate con lui, a piedi o in bicicletta”. E così via.

L’ente fiorentino deputato alla custodia e alla difesa della sacralità dell’italiano ha così risposto alla maestra e a Matteo: “La parola che hai inventato – spiega l’Accademia della Crusca in una lettera del 16 febbraio scorso – è una parola ben formata e potrebbe essere usata in italiano così come sono usate parole formate nello stesso modo: tu hai messo insieme petalo + oso, petaloso, pieno di petali, con tanti petali. Allo stesso modo in italiano ci sono pelo+oso, peloso, pieno di peli, con tanti peli e ancora coraggio+oso, coraggioso, pieno di coraggio”. Ed ancora: “La tua parola è bella e chiara – continua l’Accademia della Crusca inviata da Firenze il 16 febbraio scorso –. Ma sai come fa una parola ad entrare nel vocabolario? Perché entri in un vocabolario, bisogna che la usino tante persone e tante persone la capiscano. Se riuscirai a diffondere la tua parola tra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a dire ‘Come è petaloso questo fiore’, ecco allora che petaloso sarà diventata una parola dell’italiano”.

Usare ‘petaloso’ è dunque un imperativo morale, un modo per premiare la fantasia del giovane ferrarese e l’intraprendenza della sua maestra. Una piccola forzatura dell’italiano sicuramente più accettabile di certe trivialità regionali (“escile” su tutte) che la superficialità dei media vorrebbe contrabbandare come termini da utilizzare. In ogni caso la risposta del web è stata entusiastica: il post della maestra in 24 ore ha avuto più di 40mila condivisioni e l’hastag #petaloso sta spopolando assieme a #grandematteo e #bravomatteo.

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