Certificati e libretti verdi. Sul tema dei documenti medico-sanitari che servono per consentire al proprio figlio di fare sport, la confusione è totale. Davvero serve l’elettrocardiogramma per iscrivere il bambino al corso di pallavolo? E se sceglie ginnastica artistica? E per il calcio, cambia qualcosa? Lo abbiamo chiesto a Danilo Gambarara, specialista in medicina dello sport dell’Ausl di Rimini. Che oltre a spiegarci le regole, introduce il tema dell’abbandono delle attività sportive da parte dei più piccoli e del sempre più precoce agonismo che caratterizza, purtroppo, le discipline.
Dottore, agonismo o non agonismo: dove sta il discrimine?
“Nell’età anagrafica: per ogni sport c’è un età che segna l’inizia dell’agonismo. Un esempio? Per il calcio è 12 anni compiuti, per il basket 11. Ma c’è anche una seconda distinzione: i giochi della gioventù, per esempio, fino alle fasi regionali sono considerati non agonistici, dopo invece lo sono”.
Come cambia la certificazione?
“Nel caso dell’agonismo, serve un certificato rilasciato da un centro di medicina dello sport pubblico o privato. Il certificato è specifico per uno sport, non per tutti: il medico, insomma, attesta che il ragazzo è idoneo a una determinata pratica sportiva. Se cambia disciplina, il certificato va rifatto. Il che non significa che serva una seconda visita. Nel caso dei minorenni, se ci si rivolge a un centro pubblico l’iter è gratuito. Diverso il discorso per il non-agonismo: in questo caso il certificato, che dal 2004 in Emilia-Romagna si chiama anche libretto verde, è generico. Dal 2013 il decreto Balduzzi ha introdotto anche l’obbligatorietà dell’elettrocadiogramma, che non necessariamente va eseguito contestualmente alla visita per il rilascio del libretto. Se un bambino lo ha fatto per altri motivi prima di quel momento, non è necessario rifarlo, basta presentare il referto”.
Chi rilascia il libretto verde?
“Lo possono fare tre figure: il pediatra di libera scelta, il medico di medicina generale o uno specialista in medicina dello sport”.
Per attività più soft e non prettamente sportive valgono le stesse regole?
“Dopo le proteste, è stato abolito l’obbligo di certificato per quelle attività cosiddette ludico-motorie, come le bocce. Il problema è che molte di queste attività fanno capo a società o enti federali che, per motivi assicurativi o di tesseramento, visto che spesso gli iscritti vanno incasellati nella categoria agonisti o non agonisti, di fatto alle famiglie lo richiedono lo stesso. A livello parlamentare si sta cercando di sanare questa situazione, introducendo la figura del tesserato ludico-motorio. Ma al momento è tutto fermo”.
L’obbligo di elettrocardiogramma ha davvero dei risvolti in termini di miglioramento della salute?
“La letteratura scientifica ci dà delle conferme positive in ambito agonistico: si riescono, per esempio, a prevenire le morti improvvise da sport. Ma in ambito non agonistico è davvero difficile dimostrare che uno screening così diffuso possa rivelarsi necessario, se non altro dal punto di vista del rapporto tra costi e benefici. Non solo: questa anomalia tutta italiana ci lancia un messaggio preciso, avvertendoci del fatto che sempre di più lo sport per bambini e ragazzi sta diventando agonistico per carico di lavoro, specializzazione precoce, impegno”.
Con quali conseguenze?
“Credo che si stia esagerando. Rischiamo che ci chiedano presto il certificato per salire sull’altalena. Bambini che dovrebbero solo giocare e divertirsi, e che oggi non hanno più la possibilità di farlo per strada o nei cortili, vengono torturati fin da piccoli con logiche competitive e ansie da prestazione che sono controproducenti. Alle soglie dell’adolescenza, il mini-campione spesso abbandona”.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta