Dislessia e dintorni: “Vi racconto la mia esperienza di mamma e insegnante”

Junge liest ein BuchIlaria Cerioli, i disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), li vede da tre punti di vista. Quello di mamma, quello di docente di lettere e vicepreside dell’Istituto Ginanni di Ravenna e quello di persona discalculica, come ha scoperto di essere. Nel tempo ha capito che la chiave di volta del problema sta tutta nel patto tra famiglie e scuola, perché “fare muro contro muro è controproducente”. Ilaria rappresenterà i genitori della sezione ravennate dell’Associazione italiana dislessia nel corso del seminario “A scuola di parole” organizzato da “Dalla parte dei minori” e dal Comune e in programma martedì 20 ottobre dalle 14,30 alle 18,30 nella sala Bandini della Cassa di Risparmio di Ravenna (via Boccaccio, 22).
Ilaria, quando si è accorta che suo figlio, oggi 15enne, aveva problemi con la scuola?
“Già in prima elementare mostrava difficoltà ad apprendere gli automatismi della lettura e della scrittura e a memorizzare ma anche, nella vita quotidiana, a riconoscere destra e sinistra, ad allacciarsi le scarpe. Mi sono accorta subito che qualcosa non andava ma fino agli otto anni gli insegnanti in genere non si sbilanciano. Dieci anni fa, poi, di Dsa se ne parlava ben poco. Oggi le cose sono cambiate: la ricerca è andata avanti, la formazione dei docenti pure e alcune scuole, soprattutto in Emilia-Romagna, hanno alzato il livello di attenzione e sensibilità al problema: la scuola primaria Randi di Ravenna, per esempio, ha attivato un percorso di screening per riconoscere in maniera precoce i Dsa”.
Eppure la polemica in voga al momento è quella secondo la quale c’è un eccesso di diagnosi: è così?
“Credo sia una polemica sterile e infondata: negare il problema è scandaloso. L’aumento delle diagnosi è positivo, significa che i Dsa non sono più sottovalutati come un tempo. Oggi, in media, in una classe ci sono uno o due alunni certificati e due o tre nell’ombra. Motivo per cui il metodo di insegnamento deve cambiare”.
Lei, in classe, come ha modificato il suo approccio?
“Accompagno sempre le mie lezioni con l’utilizzo di Power Point, dove semplifico e sintetizzo i contenuti. Inizio sempre la spiegazione partendo dai punti chiave che poi svilupperò e non esco mai da quel seminato. Utilizzo lo stampato per scrivere alla lavagna e un font accessibile ai Dsa nei testi scritti al computer. Do sempre la possibilità ai miei ragazzi di registrare le lezioni per potersele riascoltare o rivedere a casa. Quando comincio una lezione, per i primi cinque minuti riprendo sempre le fila di quella precedente. Il mio metodo adesso è per tutti, dislessici o meno”.
E suo figlio, nel frattempo, che percorso ha fatto?
“Nel passaggio dalle elementari alle medie lo abbiamo portato da una specialista, che a seconda dei casi può essere un neuropsichiatra o uno psicologo con una preparazione sui Dsa. Mio figlio aveva voti bassi, poca autostima, un brutto rapporto con i compagni che si sa, sono severi nel giudizio verso chi è diverso o ha un problema. Da mamma, la sofferenza è stata tanta: si creano tensioni in famiglia, senza contare che uno dei due genitori tende sempre a negare il problema. Mio marito, per esempio, era convinto che attraverso lo studio e l’esercizio, nostro figlio sarebbe migliorato. Ma non funziona così”.
dislessiaSu cosa si agisce?
“Mio figlio è disortografico, discalculico e leggermente dislessico. Ma il suo quoziente intellettivo è nella norma, bisogna sfatare il mito che i Dsa siano mentalmente inferiori. Sono intelligenti quanto gli altri ma hanno degli ostacoli nell’esecuzione di alcuni compiti, non necessariamente scolastici. Mio figlio, con il tempo, ha messo in atto più o meno consapevolmente delle strategie che oggi gli consentono di memorizzare più facilmente, per esempio attraverso la schematizzazione, i riassunti e le mappe concettuali. Oggi è in seconda superiore, è molto seguito sia a casa che a scuola, ha recuperato autostima. Il suo punto debole resta la lingua inglese: essendo disortografico, fa ancora parecchi errori di grammatica”.
Come reagiscono le famiglie di fronte al problema?
“Si demoralizzano e entrano in conflitto con la scuola. Ma la soluzione sta nell’alleanza. Oggi anche l’università si sta attrezzando: ci sono uffici preposti e tutor a Bologna e Ferrara. Dopo il caso del ragazzo che ha denunciato l’università perché nel test di medicina non gli era stato concesso di usare gli strumenti compensativi, anche ai piani alti dell’istruzione si stanno attrezzando. I Dsa hanno molto spesso voglia di fare ed emergere e non è detto che dopo le superiori non riescano ad avere una brillante carriera universitaria. La legge 170 che li tutela ci fa capire che è un dovere dare loro gli strumenti per farcela”.

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Commenti:

  1. Ma lei è una!!!!io affronto una battaglia che ultimamente mi sta lavorando non ne posso veramente più mi vorrei arrendere ma poi guardo il mio bambino e dico no!ma è dura

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