Mamme lesbiche chiedono risarcimento perché la figlia è nata nera

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Una storia di tolleranza a intermittenza. O, se si preferisce, di discriminazione a seconda della convenienza. Una forma particolarmente odiosa perché proviene da persone che, in teoria, dovrebbero schierarsi contro qualsiasi forma di razzismo, proprio perché ogni giorno rischiano di subire – e non di rado li subiscono – i giudizi e, soprattutto, i pregiudizi degli altri.

Si tratta di una coppia di lesbiche statunitensi, Jennifer Cramblett e Amanda Zinkon, che nell’agosto del 2012 ha avuto una bimba grazie all’inseminazione artificiale. Per un errore del laboratorio al quale le due si erano rivolte, Jennifer aveva ricevuto il seme di un uomo di colore; non bianco, come pattuito. La piccola, chiamata Peyton, è così venuta al mondo fra la sorpresa della coppia omosessuale che ha chiesto un forte risarcimento. Una clausola del contratto stipulato col laboratorio permetteva alle due donne, entrambe 32enni, di chiedere i danni in caso di eventuali malattie ereditarie e le due, evidentemente, devono aver ricompreso il colore della pelle in questa casistica dato che la neonata è mulatta. Il giudice però ha rigettato la richiesta delle neomamme obiettando ciò che ogni coppia si augura nell’imminenza del parto: la bimba è sana come un pesce e tanto basta.

Nel loro ricorso Jennifer e Amanda usano espressioni che non fanno proprio onore a chi, come loro, fa parte di una minoranza spesso osteggiata o comunque oggetto di forti critiche, specie quando si parla di figli: parlano della piccola Peyton come appartenente ad una “razza diversa” della quale non conoscono abbastanza usi e costumi. Anzi, aggiungono di temere future discriminazioni dal loro ambiente familiare e sociale. Circostanza resa più probabile dal trasloco della coppia, la quale, proprio per garantire un futuro più agiato alla figlia si era trasferita da Akron, cittadina dell’Ohio con il 30% di afromaericani, a Uniontown, paesotto della Pennsylvania con il 98% di bianchi e celebre per aver dato i natali a George Marshall, il generale che legò il proprio nome al discusso piano per le ricostruzione in Europa nel dopoguerra. Una mossa fatta, naturalmente, all’oscuro dell’esito della gravidanza.

Ma i veri danni devono ancora manifestarsi in tutta la loro evidenza. Chissà che cosa penserà Peyton quando apprenderà – la storia, proprio per la sua singolarità, ha fatto il giro del mondo: ormai è impossibile far finta di niente – che le sue mamme volevano un risarcimento per il colore della sua pelle? Se già fra qualche anno qualche bambino stupidotto proverà a schernirla perché figlia di lesbiche e/o nera, con quali parole potrà essere difesa dalla propria famiglia?

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