Bimbi in acqua senza crema, che giocano sulla sabbia senza cappellino, che dormono nelle carrozzine, sotto l’ombrellone, coperti da teli. Il dottor Ignazio Stanganelli, quando va al mare, ne vede di cotte e di crude. E nel suo libro “Il sole e la pelle” (Minerva medica), nato sulla scia del progetto “Salviamo la Pelle” dell’Istituto Oncologico Romagnolo, non ha certo tralasciato l’argomento bambini. Che andrebbe poi tradotto in un altro tema: come si comportano, i genitori, rispetto all’esposizione solare dei propri figli? Non troppo bene secondo il medico.
Dottore, messo da parte il rischio evidente di scottature, perché è così importante, con un’ottica al futuro, proteggere i più piccoli dai raggi solari?
“La quantità di sole che le persone prendono nella vita si concentra in genere nei primi vent’anni di vita. Questo ci dice che se impariamo a proteggerci in giovane età, saremo meno esposti al rischio di malattie future”.
Sotto l’anno è necessario evitare di sana pianta il sole?
“Sarebbe bene di sì. Per lo meno, bisogna ‘armarsi’ di filtri fisici come maglietta e berrettino e andare in spiaggia solo la mattina presto, fino alle 10, o nel pomeriggio inoltrato. Ben vengano i filtri solari ma possono provocare allergie. Bando, poi, a chiudere con teli vari le culle dei neonati: all’interno si crea una cappa pericolosa, perché non circola l’aria”.
Dopo l’anno mamme e papà possono stare più tranquilli?
“Un pochino ma non devono perdere il buon senso. Dalle 11 alle 15, per esempio, i bambini al sole devono continuare a non starci. L’esposizione, in generale, deve essere sempre molto ridotta”.
“Salviamo la Pelle” ha finalità prima di tutto educative: è bene coinvolgere i bambini fin da piccoli in questo impegno a evitare i rischi del sole?
“Assolutamente sì. Abbiamo notato come i bambini della scuola elementare siano molto più ricettivi di quelli delle medie o delle superiori. La prevenzione, dunque, direi che passa soprattutto dalle fasce d’età più basse”.
Per i genitori, tenere lontani i bambini dall’acqua spesso è un’impresa. Come si fa?
“Non bisogna dimenticare che l’acqua, oltre a riflettere il sole, ha un effetto diluente sulle creme. Se applichiamo un fattore 50, quando usciamo dal mare probabilmente sulla pelle abbiamo un fattore 30. Non fidiamoci mai dei prodotti waterproof: la crema va rimessa ogni volta che torniamo dal bagno”.
Questi consigli valgono per tutti o in particolare per chi ha dei fototipi molto chiari?
“Per tutti indistintamente. Chi ha pelle, occhi e capelli scuri spesso ha la tendenza a sottovalutare l’importanza degli accorgimenti necessari per l’esposizione al sole. Ma l’eritema, per fare un esempio, lo possono prendere tutti”.
Che giudizio ha dei genitori di oggi, riguardo l’argomento-sole?
“Vedo genitori sui trenta-quarant’anni sensibili e attenti, spesso perché da piccoli si sono scottati. Poi c’è una fascia di genitori che si sottrae del tutto a questo compito: nonostante le campagne, vedo mamme e papà, magari provenienti dall’entroterra e intenzionati a fare il pieno di sole nel fine settimana che, a proteggere i figli in maniera adeguata, non ci pensano proprio”.
Il progetto “Salviamo la Pelle” è stato sviluppato dall’Unità melanoma dello IOR, integrata nella Skin Cancer Unit dell’Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei rumori IRCCS, in collaborazione con il Ceums dell’Università di Bologna, l’Istituto europeo di oncologia di Milano e l’Università di Parma.
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