Troppe informazioni, a volte scorrette. E le future mamme non sanno scegliere. Arriva la nuova cartella ostetrica

“Ma perché il mio ginecologo non mi fa fare l’ennesima ecografia come è successo alla mia amica?”. “Meglio amniocentesi o villocentesi?”. “Davvero esiste un ambulatorio dedicato all’allattamento al consultorio familiare della mia città?”. Le donne in gravidanza sono spesso confuse da mille informazioni diverse, pareri discordanti e siti internet che le mandano in tilt. Ecco perché la Regione Emilia-Romagna, dopo oltre vent’anni, ha studiato una nuova edizione della cartella ostetrica “Non da sola”. La ginecologa Paola Salvini è membro della Commissione nascita e ha coordinato il gruppo di lavoro che è arrivato di recente a stilare la nuova cartella, che verrà distribuita alla fine di maggio nelle varie aziende sanitarie locali e che dovrebbe arrivare in giugno sulle scrivanie dei medici privati, di quelli dei consultori e delle ostetriche.
Dottoressa, perché una nuova cartella?
“Per molti motivi. Prima di tutto perché noi, come sanità pubblica, abbiamo il dovere di dare informazioni corrette in un mondo dove si dice tutto e il contrario di tutto. Le future mamme sono libere di approfondire, ci mancherebbe. Ma nella prima parte della cartella abbiamo inserito tutte le informazioni sulla gravidanza fisiologica: gli esami e i controlli da fare, in particolare, come indicato dalle linee guida dell’Istituto superiore di sanità che la Regione ha recepito”.
C’è una tendenza a fare eseguire alle gravide troppi esami?
“Sicuramente è uno dei problemi. No diciamo alle donne che l’eccesso di controlli non migliora l’esito di una gravidanza, al contrario può risultare dannoso”.
La diagnostica pre-natale è descritta?
“Certo. Noi dobbiamo mettere le donne nella condizione di potere e sapere scegliere. Le dobbiamo rendere protagoniste delle gravidanze che stanno portando avanti: per farlo, dobbiamo informarle correttamente, altrimenti si perdono, si affidano male e prendono decisioni che non hanno davvero approfondito e fatto loro”.
Conta, agli occhi di un ginecologo o di un’ostetrica, conoscere anche la storia personale della donna incinta?
“Deve contare. Per questo nella cartella c’è una parte dedicata all’anamnesi sociale della donna: da che famiglia viene, qual è il suo entroterra culturale, dove vive. A seconda di queste variabili, cambia anche la prospettiva di assistenza. Il professionista deve prendere in carico la donna a 360 gradi, senza trascurare gli aspetti psicologici. Nella cartella diamo le indicazioni sulle modalità di parto, sui corsi di preparazione alla nascita, sull’allattamento, sui vaccini, sugli screening neonatali e anche sul cambiamento che investe il papà e la mamma quando diventano genitori”.
Qual è la novità più rilevante rispetto alla precedente cartella?
“L’obiettivo che venga consegnata a tutte le gravide, indipendentemente che siano seguite dai consultori familiari o dal ginecologo privato. Dev’essere uno strumento di accompagnamento della donna fino al punto nascita dove partorirà. Si tratta di uno strumento completo che, mentre mette in sicurezza la donna, tutela i medici e le ostetriche che nei passaggi di informazioni spesso vanno incontri a vuoti, incomprensioni o omissioni. In questo modo, al contrario, tra i professionisti si riuscirà a condividere tutta la storia della donna”.
C’è anche l’obiettivo di mettere in relazione pubblico e privato?
“Senza dubbio. Chi viene seguita privatamente spesso non sa dei servizi esistenti nel pubblico. Noi ci rivolgiamo a tutte le donne. Anche per questo abbiamo scelto un linguaggio semplice. E stiamo iniziando a lavorare sulla traduzione della cartella nelle principali lingue straniere. Per quelle minoritarie, la traduzione sarà on-line. Il medico o l’ostetrica dovranno indirizzare le donne anche in questo senso”.

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