“Per crescere conta l’amore”: Dalvina, Giotto e l’esordio di Paolo Casadio

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La foto che ha (in parte) ispirato “La quarta estate”: Giotto prende spunto dal bimbo a sinistra

Un bambino. Un bambino in una foto in bianco e nero, tra le pagine di un vecchio libro dedicato alla riviera. Paolo Casadio, ravennate, geometra, autore esordiente (anche se per il Maestrale, nel 2012, aveva firmato a quattro mani con Luca Ciarabelli “Alan Sagrot”), da quella faccia magrolina con gli occhi spalancati, è rimasto parecchio colpito. Fino a metterla accanto a un altro paio di ispirazioni: quella che, alla biblioteca Classense, aveva avuto dall’immagine di un sanatorio che esisteva in epoca fascista a Marina di Ravenna (allora Porto Corsini) e quella arrivata dall’avviso – trovato anch’esso tra vecchi documenti – in cui si diceva della sospensione dal PNF, a tempo indeterminato e perché affetto da inguaribile mania oratoria, del fascista Davide Frega. Nasce così “La quarta estate” (Piemme), che Vania Rivalta introdurrà domani – 21 aprilealle 18 alla libreria Liberamente di Ravenna (viale Alberti 38).

Paolo Casadio
Paolo Casadio

Al centro della storia c’è Andrea Dalvina Zanardelli, una donna medico che dal Lago di Garda arriva a Marina nel 1943 per lavorare nel sanatorio che ospita bambini orfani affetti da scrofolosi, una malattia deformante. Le suore del sanatorio non si aspettano di certo una donna (il nome Andrea è stato ingannevole) e all’inizio la guardano con sospetto. Ma lei, così moderna ed emancipata, tra quelle mura e il mare davanti – che non aveva mai visto – darà un senso ancor più compiuto alla propria femminilità e vedrà crescere anche il desiderio di maternità. Una maternità non convenzionale, non biologica, sulla quale Casadio si è interrogato molto.

E ci sono ben pochi tabù nel romanzo: non solo perché è il personaggio di Dalvina a infrangerli. Ci sono infatti anche le suore del sanatorio, nel loro essere così diverse ma soprattutto donne, a dissipare moralismi e luoghi comuni: “Tutti noi abbiamo un’ombra, un giardino segreto. E sono sempre stato convinto – spiega Casadio – che le idee preconcette non servano a nulla, perché è alle persone che dobbiamo guardare. Per raccontare le suore mi sono ispirato a una zia di mia moglie che per quarant’anni ha lavorato come perpetua e che mi raccontava come quelli fossero stati gli anni più belli della sua vita. Per lei era come essere stata sposata con l’arciprete, senza tuttavia esserlo stata”.

3788-Quarta-estate-PR2C’è parecchio amore – di tutti i tipi, di tutti le tinte – nelle pieghe del racconto. Un amore al femminile che Casadio non ha trovato difficoltà a restituire: “Sono cresciuto con mia madre e ho sviluppato una forte sensibilità. La sfida, in questo libro, è stata mettersi a raccontare dal punto di vista femminile: mi è venuto facile, non ho incontrato ostacoli. Uno dei miei intenti era comunicare l’idea che ogni persona ha il proprio concetto e oggetto d’amore, che l’amore ha parecchie sfumature e nessuno ha il diritto di dire ‘si fa così’“. Protagonista di un amore incondizionato è Giotto, il bambino che – insieme a Dalvina – sta al centro della storia: e che influirà in maniera forte sulla trama. Giotto che è orfano e che darà un senso concreto alla frase “per crescere come si comanda i figli devono avere amore. Questo importa”.

 

 

 

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