Cieco, autistico, Down? Non importa: sott’acqua si va insieme

DSC_5792Due ragazzi – uno “normodotato” e l’altro no – sono in piscina, uno di fronte all’altro. Reggono entrambi un cucchiaio: la palla, stretta al centro, non deve sfuggire. Se uno dei due molla un po’ la presa, l’altro dovrà metterci più forza. E viceversa. Il gioco e la cooperazione, non a caso, sono lo spirito del progetto “Nemo” che il Circolo Subacqueo Ravennate porta avanti da sei anni e che gli è valso il Premio Marcante, un riconoscimento nazionale arrivato domenica scorsa. Gabriele Tagliati è soddisfatto. Perché il progetto non prende ispirazione da niente e da nessuno ma è un’idea originale per mettere insieme bambini e ragazzi con disabilità intellettive e sensoriali e coetanei senza difficoltà. Quest’anno – da ottobre a dicembre e da febbraio a marzo – per tredici domeniche il gruppo si è incontrato senza mai perdere l’entusiasmo: “Un risultato per noi molto positivo, visto che il programma è stato intenso e impegnativo”.

L’età dei “sub” va dai nove ai diciassette anni circa. Ma perché proprio la subacquea a servizio dell’integrazione? “Perché il nostro è uno sport dove chi ti sta affianco non è il tuo avversario ma colui che ti dà una mano. E così abbiamo voluto fare qualcosa di diverso rispetto a chi propone un’attività sportiva specifica per chi ha una disabilità, come per esempio la pallacanestro per chi è in carrozzina. Abbiamo voluto mettere la subacquea a servizio dell’integrazione. Tra i sei ragazzi con disabilità ce n’è uno cieco, uno autistico, uno con la sindrome di Down, uno con un ritardo mentale. Di volta in volta, a seconda dei giochi proposti, interagiscono con uno o con l’altro ragazzo normodotato”.

DSC_5797In genere, chi ha una disabilità, difficilmente ha modo di interagire con i compagni al di là dell’orario scolastico: “Qui, invece, ci si incontra fuori dalla scuola insieme agli educatori specializzati, tutti volontari”. I più scettici, ma solo inizialmente, sono i genitori: “La paura è mettere i ragazzi disabili, magari in passato messi da parte da altre discipline sportive, a fare uno sport come la subacquea che è visto come puramente tecnico e anche pericoloso. E poi spesso si ha il timore che noi vogliamo insegnare ai ragazzi a fare i sub. Tutt’altro: l’idea che la subacquea sia dare la caccia allo squalo o cercare un tesoro sottomarino è fuorviante”. A infrangere i luoghi comuni ci pensano il passaparola e il “provare per credere”, in seguito ai quali le famiglie si convincono sempre. Poi, a furia di giocare, c’è anche chi ci prende gusto: “Uno dei nostri ragazzini disabili, che partecipa da quattro anni a Nemo, quest’anno per la prima volta ha messo in bocca l’erogatore. Non era un obiettivo, noi non ragioniamo per traguardi, ma è successo lo stesso”.

Del resto il Circolo Subacqueo Ravennate non lavora per brevetti e attestati: “A noi questa parte non interessa. Noi vogliamo meno gente diplomata e più gente in acqua. Non puntiamo al business ma a fare qualcosa di buono per gli altri”.

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