“La libertà delle persone rispetto alla propria vita e al proprio corpo viene sempre accantonata in favore di dibattiti puramente ideologici”. Silvio Viali è il ginecologo responsabile dell’ospedale ostetrico-ginecologico Sant’Anna di Torino dove ogni anno, oltre a 8mila parti, vengono registrate 3.500 interruzioni volontarie di gravidanza. Questa sera alle 18 il medico, che è membro del Comitato Etico-scientifico di Exit e socio dell’associazione Luca Coscioni, sarà protagonista dell’incontro organizzato dall’Uaar di Ravenna dal titolo “Testamento biologico ed eutanasia”. La conferenza si terrà nella Sala Buzzi di Viale Berlinguer 11.
Dottore, che cosa ci fa un ginecologo nel bel mezzo di un dibattito sull’eutanasia?
“Sono prima di tutto un medico. E l’eutanasia è un tema che riguarda tutti quelli appartenenti alla mia categoria, a prescindere dalle singole specializzazioni. Se fossi in Olanda, uno dei paesi dove l’eutanasia è legale, aiuterei i miei pazienti a morire, nel caso lo volessero. Qui in Italia, invece, siamo indietrissimo: nessun partito politico tra i principali ha nel proprio programma eutanasia o suicidio assistito. E si continua a fare una gran confusione con il testamento biologico, l’accanimento terapeutico, il fine vita”.
Quanto tempo ci vorrà?
“L’Italia mi sembra ferma in questo senso. Il Parlamento non ne ha mai discusso. Non perdonerò mai a Berlusconi la frase infelice che pronunciò quando si valutava lo stop all’alimentazione di Eluana Englaro: disse che avrebbe potuto avere ancora dei figli”.
A proposito di figli, lei a che fare quotidianamente con il tema dell’aborto. I numeri del suo centro, il maggiore d’Italia, parlano di un fenomeno consistente. Perché, allora, sussistono così tante resistenze?
“Perché permane un perbenismo di fondo. Sebbene i sondaggi parlino chiaro rispetto al fatto che gli italiani sono d’accordo su aborto ed eutanasia, resta il tabù culturale, come se di certe cose non si potesse parlare, come se fossero aspetti da relegare in una zona grigia dove è peccato ma non si deve sapere, dove si fa ma non si dice”.
Quanto incide la matrice cattolica?
“Incide molto ma ricordo sempre che il Belgio, nonostante sia un Paese cattolico, ha legalizzato l’eutanasia, segno che le due cose possono, anzia devono, andare di pari passo”.
Le due grandi battaglie degli anni Settanta, divorzio e aborto, sono state risolte?
“In parte sì, anche se con leggi imperfette. La 194, per esempio, è il classico esempio di legge dimenticata. Che invita le donne a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza. Se invitassimo i cittadini a pagare le tasse, non lo farebbero. Spesso, chi fa polemica intorno all’Ivg, non conosce i particolari della legge. Ed ecco che, di nuovo, si tirano in ballo le ideoleogie”.
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Commenti:
Grazie Silvia, molto bene. Una sola precisazione: l’Associazione si chiama Exit-Italia e non solo Exit.
Care/i Tutte/i, c’è oggi una possibilità molto concreta a contribuire alla tutela dei diritti nel campo della salute: FIRMARE e FARE FIRMARE la petizione popolare al Consiglio regionale dell’Emilia Romagna proposta dal Comitato articolo 32 sulla libertà di cura per inserire le dichiarazioni anticipate di volontà nel fascicolo sanitario. Una tale iniziativa ha già avuto successo in Friuli Venezia Giulia grazie all’Associazione Per Eluana. Info su http://www.associazioneliberauscita.it
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