“Ma non vai a letto?”: Max Ulivieri e la sessualità dei disabili. Dove i genitori contano un bel po’

Maximiliano Ulivieri
Maximiliano Ulivieri

“Ma non vai a letto?”. “Non ancora mamma”. La perdita dell’intimità, per le persone disabili, è una delle controindicazioni più pesanti. Maximiliano Ulivieri, conosciuto in tutta Italia per la sua battaglia a favore degli assistenti sessuali (e non solo), ha curato per le Edizioni Erickson il libro “LoveAbility. L’assistenza sessuale per le persone con disabilità”: una raccolta di scritti e testimonianze dirette, dove la voce dei genitori con figli disabili fa da padrona. Affetto da una neuropatia motorio-sensitiva ereditaria che dall’età di due anni gli ha sempre impedito di camminare, Maximiliano non ha mai temuto di chiamare le cose con il loro nome. Sfatando tabù su tabù. Da Bologna, dove vive, una ventata che è diventata nazionale.
Nelle lettere e dalle mail che riceve dalle famiglie, si può trovare un filo conduttore rispetto alle perplessità, ai dubbi e ai timori che un figlio disabile abbia una vita relazionale e sessuale?
“Sì, è l’iperprotezione, il timore che non ci sarà nessuno, là fuori, a prendersi cura dei figli in senso affettivo e sessuale. Ma anche la paura che i propri figli possano innamorarsi, rimanerci male, uscire delusi da un rapporto. Mia madre stessa, che ha visto andare e venire diverse fidanzate, mi diceva sempre che sarei stato lasciato. Da sei anni sono sposato con Enza: per lei, che io sia disabile, non cambia nulla. Per altre persone, invece, ci vuole tempo per abituarsi. Fatto sta che, per non rischiare, alcuni genitori fingono di non vedere il bisogno dei loro figli”.
C’è un racconto, tra quelli raccolti, che l’ha colpita più di altri?
“Sì, è la lettera di una ragazza di 35 anni che mi ha scritto per dirmi che non aveva mai provato un orgasmo e che avrebbe voluto pagare una persona per riuscirci. Di esigenze sessuali dei disabili se ne parla quasi sempre al maschile, bisogna invece ricordarsi che le donne sentono gli stessi impulsi. Peccato che ci sia così tanta omertà: quella ragazza, ai genitori, mi ha detto che non avrebbe rivelato assolutamente nulla”.
Copertina_Loveability-455x717Grazie al sito Loveabilty e all’associazione LoveGiver, anche in Italia si parla spesso di assistenti sessuali per le persone con disabilità: sta iniziando davvero a cambiare qualcosa?
“Che se ne parli molto, che si realizzino trasmissioni tv e si organizzino convegni è già un bene. Questo non significa che la questione sia stata risolta. Il disegno di legge in Senato c’è ma a prescindere da quello, saremo presto pronti per partire, a Bologna, con il primo corso di formazione. Abbiamo selezionato trenta delle ottanta persone che si sono presentate. Abbiamo solo rimandato di qualche mese l’inizio della formazione, per essere certi che ci possa essere una sperimentazione regionale attivabile e che gli iscritti possano quindi riuscire a operare, una volta ottenuta la qualifica”.
Quanto conta, battaglie legislative a parte, la “mobilitazione” delle famiglie?
“Se entrambi i genitori accettano senza pregiudizi che anche un figlio Down, o tetraplegico, necessiti di esperienze sessuali, la strada è in discesa”.

In questo articolo ci sono 2 commenti

Commenti:

    1. Perchè, che c’è di tanto sconvolgente nel chiamare “ragazza” una trentacinquenne???? Io chiamo ragazzi dei ultra sessantenni !!!!!

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