Storia di Matteo, il primo bimbo al mondo salvato da un mini-cuore artificiale

Il dottor Amodeo con la famiglia Ferrari 2
Il dottor Amedeo con Matteo e il papà

In una stanza di ospedale, quattro anni fa, un medico guarda negli occhi una mamma: “Suo figlio è incompatibile con la vita”, le dice. Sono queste le parole che ricorda Francesca, la mamma di Matteo. “Il cuore di suo figlio, è incompatibile con la vita”. Matteo non ha neanche un mese di vita. Francesca trema, ha paura. “Ricordo solo che ho smesso di pensare. In un attimo ho smesso di essere”.

Fino a qualche settimana prima ascoltava il rumore del cuore di suo figlio durante i monitoraggi. Una bella gravidanza. Tutto regolare. Una camera pronta per il bambino in arrivo. Una sorellina ad aspettarlo. Dentro la pancia di sua mamma, quel cuore batteva forte. Matteo stava arrivando. Il 14 novembre il primo vagito di Matteo.

Dopo una settimana iniziano i primi problemi. Il cuore di Matteo rallenta. Quello di Francesca si ferma. Qualcosa non funziona. Matteo vomita, sta male. Lo ricoverano per una presunta gastroenterite. Ansima, ha il fiatone. In affanno, con estrema fatica, ogni giorno è una conquista, ma Matteo non ha la forza nemmeno di mangiare. Una ecocardio. Il trasferimento d’urgenza al Bambino Gesù di Roma. L’inizio della lunga degenza nella terapia intensiva. La ricerca di un alloggio a Roma.

Un’operazione d’urgenza. Il tentativo di individuare l’origine della malattia del bimbo. E il 29 dicembre la verità. Matteo ha una cardiomiopatia dilatativa associata a una malattia rarissima. Calcificazione arteriosa generalizzata. Le sue arterie, dalle femorali in giù, sono sottili come un capello. Il sangue non fluisce bene, il cuore non pompa. Non ce la fa. Per lui non c’è soluzione. Non si può intervenire.

Nonostante tutto Matteo non si arrende. È reattivo, sorride. Contro ogni aspettativa e previsione, i cardiochirurghi inseriscono il bimbo in lista per un trapianto di cuore. Ma l’attesa è troppo lunga per il cuore stanco e dilatato di Matteo. L’impianto del primo cuore artificiale esterno. La circolazione extracorporea.

Ad aprile, poi, l’impianto del più piccolo cuore artificiale, del peso di 11 grammi, eseguito per la prima volta al mondo. L’utilizzo del dispositivo ha richiesto un apposito permesso da parte della FDA (Food and Drug Administration) e del Ministero della Salute. Dopo l’impianto di cuore artificiale, l’arresto cardiaco. “Era il giorno del compleanno di mia figlia”, ricorda Francesca. Di nuovo la circolazione extracorporea. La lotta dei medici, l’attaccamento alla vita di Matteo. Di nuovo il cuore esterno.

Cuore Artificiale per adulto, bambino e neonato
Cuori artificiali per un adulto, un bambino e un neonato

E, un giorno, la notizia. Un bimbo se ne era andato, ma i suoi genitori avevano scelto di donare il suo cuore, che arriva a Matteo. “Nel buio, ho visto la luce. Ho pianto per un bimbo che non c’era più. Ho pianto di felicità perché ho intravisto una possibilità per Matteo. Ero disperata, e felice”, ricorda Francesca. 13 ore di intervento per far battere il cuore dell’angelo nel corpo di Matteo.

Quasi due anni di ricovero. Giorni e giorni di sedazione incosciente. L’angoscia, la paura. La sala operatoria, il reparto, ancora la sala operatoria. L’attesa, la disperazione. La speranza. Eccola, la vita di Francesca. Soffre la lontananza dalla sua città, dalla sorella di Matteo. Ma non può arrendersi. Non può permetterselo. Matteo è forte, e deve esserlo anche lei.

A settembre Francesca è tornata a casa con il suo bambino tra le braccia. E, ancora, può sentire il battito del suo cuore.

Matteo ha quattro anni. Sta bene. Va a scuola, due volte alla settimana. Mangia, si fa capire. Non parla, ancora, ma presto lo farà. Sta facendo logopedia. “Dice “papà”. Presto chiamerà anche la mamma. Non vedo l’ora”, pensa Francesca. Pronuncia dei suoni, intanto, tira i baci. Gliel’ha insegnato la “famiglia” della terapia intensiva. I medici e gli infermieri hanno cresciuto Matteo. Lo hanno accompagnato, soffrendo con lui. Hanno visto il suo primo sorriso. E hanno lottato. In tutti i modi possibili, con lui e per lui. Ogni giorno dei suoi due primi anni di vita. Per permettere a quel cuore di battere. Per sentire anche loro, quel battito.

Un nuovo progetto di ricerca
In Italia nascono 4 mila bambini all’anno affetti da gravi malattie cardiache. Per molti di loro la speranza è il progetto di ricerca clinica su un nuovo cuore pediatrico artificiale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma reso possibile dal sostegno di oltre 300mila clienti Conad, che complessivamente hanno donato quasi 862mila euro. Del progetto è parte integrante la sperimentazione della terapia rigenerativa del tessuto cardiaco. Si tratta di un lavoro per lo sviluppo di 2 nuovi cuori artificiali pediatrici, totalmente impiantabili, del peso rispettivamente di 11 e 40 grammi.

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