Eleonora Mazzoni, la Pma e i gemelli: “Ero una difettosa ma non per questo meno donna”

difettose eleonora mazzoni “Sono stata una difettosa anche io, altrimenti non mi sarei mai permessa di giudicare, non avrei mai scelto un titolo del genere”. Eleonora Mazzoni è l’attrice forlivese che molti avranno visto in tv in “Elisa di Rivombrosa” o ne “Il commissario Manara”, solo per citare alcune delle sue apparizioni televisive. Due anni e mezzo fa ha pubblicato per Einaudi “Le difettose”, un romanzo ispirato alla sua autobiografia che è diventato anche uno spettacolo teatrale, protagonista Emanuela Grimalda. Tra febbraio e marzo la tournée arriverà anche a Meldola. Intanto Eleonora continua a partecipare a convegni e dibattiti, perché quello della fecondazione assistita è un tema che le starà per sempre a cuore.
Eleonora, eterologa sì o eterologa no. La legge 40 è ormai superata ma nei fatti quasi nulla è cambiato. A che punto siamo?
“L’Italia continua ad essere il fanalino di coda dell’Europa in materia. Basta pensare che in Olanda l’eterologa è legale dal 1949. Nel nostro Paese prosegue una battaglia ideologica che trovo insensata: i detrattori sostengono che invece di rimborsare le donne che accettano di sottoporsi a stimolazione ovarica per diventare donatrici, sarebbe meglio comprare gli ovociti dall’estero. Ma se l’eterologa è considerata immorale, dovrebbe essere tale ovunque. Per fortuna qualcosa si muove, anche se a rilento”.
Eri una difettosa, oggi sei madre di due gemelli di quasi tre anni. Ti saresti sentita meno donna, se non fossi diventata madre?
“Le impostazioni culturali, purtroppo, portano le donne che non riescono ad aver figli per le vie naturali a sentirsi diverse, inadeguate, difettose appunto. Il percorso della procreazione medicalmente assistita, però, ti scava dentro. Ti mette faccia a faccia con il dolore, ma anche con la felicità che provi quando accetti quel vuoto, quel lutto, quella perdita. Io ho finito di scrivere il libro dopo la terza fecondazione, che andò male. Mi ero sposata da poco, io e mio marito stavamo per intraprendere l’iter dell’adozione. Avevo programmato la quarta fecondazione, sarebbe stata l’ultima. E andò bene. Il libro, però, si chiude con il fallimento del terzo tentativo, che è comunque un lieto fine. Carla, la protagonista che è il mio alter ego, si sente piena e realizzata lo stesso. Ha ritrovato il suo valore di donna a prescindere dal figlio che non è arrivato, è madre di sua madre, dei suoi allievi”.

Eleonora Mazzoni
Eleonora Mazzoni

Il mondo della fecondazione assistita pare una realtà parallela, con un suo linguaggio specifico: “le rosse” sono le mestruazioni, le “fivettare” sono le aspiranti mamme, “in bekko alla cico” è l’augurio a rimanere incinta. Come ci si sente, là dentro?
“Si condivide molto ed è fondamentale. Da fuori ci si sente banalizzate, giudicate, poco capite. Là dentro è il contrario: ci si riconosce in un certo gergo, ci si sente parte di una famiglia. C’è il pericolo della setta, certo, anche perché nemmeno lì è tutto rose e fiori. Ma parlarne è importantissimo”.
Se lo dovessi descrivere con pochi aggettivi, quel mondo?
“Vitale, senz’altro, perché la fecondazione mira alla vita. Anche disperato, drammatico. Ma pieno di coraggio, solidarietà”.
Che idea ti sei fatta, alla fine? Un figlio è un diritto?
“No, non lo è. Ma è un diritto provare ad averlo utilizzando la scienza e l’evoluzione della medicina. Nessuno dovrebbe poter dire ad una donna quando è ora di fermarsi nella ricerca: né un medico, né un giurista, né un prete. Il limite lo sente la donna: è lei a dover decidere quando fermarsi. Quello della fecondazione è un percorso lungo, difficile, costellato di fallimenti: il difetto può diventare per una donna un’opportunità, le ombre e le assenze si possono elaborare, accettare. Nessuno, da fuori, può mettere dei paletti”.

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Commenti:

  1. Gent.ma Sig.ra Manzani,
    vorrei segnalarle un errore nell’articolo che, sebbene marginale, altera di molto il significato del testo e del relativo titolo: le congregazioni dei Testimoni di Geova NON sono cattoliche, semmai cristiane.
    Spero voglia correggerlo.
    Buon lavoro.

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