Dopo il primo libro “Una notte ho sognato che parlavi”, lo scorso 9 settembre il giornalista Gianluca Nicoletti è tornato in libreria con “Alla fine qualcosa ci inventeremo”, un secondo libro sull’autismo. “Scriverlo mi è costato tantissimo, rispetto al primo che mi è uscito di getto in poche settimane. C’era in me una grossa resistenza a riprendere l’argomento in maniera così impegnativa dopo solo un anno, non mi sembrava che fossero accadute cose così significative nella mia vita con Tommy da meritare un nuovo libro. Mi sbagliavo, è accaduto che mi sono accorto di non avere più molto tempo, anche se la mia perenne giornata con Tommy mi porterebbe ad illudermi d’essere immortale”.
Un padre che scrive per la seconda volta sul suo rapporto col figlio autistico, Tommaso. Ma questa volta non si tratta di raccontare una storia intimistica, ma di denunciare “una società che non dà risposte alle persone autistiche”.
Che ne sarà di Tommy quando il padre non sarà più al suo fianco? Questo l’interrogativo che Gianluca si pone e, al quale, non sa dare risposte: “Non ho risposte al momento, purtroppo esistono tante lacune a livello istituzionale e attraverso quest’ultimo libro sono alla ricerca di interlocutori giusti che possano dare risposte concrete. Ora aspetto una reazione”.
E intanto, giorno dopo giorno “cerco di dare le risposte giuste a mio filglio, senza lasciarlo mai solo e gestendo la quotidianità con tutte le conseguenze del caso, ma soprattutto senza capire cosa ne farà il mondo, di mio figlio. In tutto questo il merito è proprio di mio figlio Tommy, che m’induce a una scapestrata dissolutezza contro ogni ragionevole considerazione. Ho capito che un autistico non può permettersi che il genitore, che lui ha scelto per il suo sostentamento quotidiano, invecchi, sia infelice, si deprima. A lui poi chi penserebbe?“.
Il tempo però passa comunque, e passa veloce per tutti. “Devo assolutamente pensare a una soluzione concreta per il felice futuro di mio figlio autistico, soprattutto dopo che io me ne sarò andato. Fatalmente accadrà quando lui ancora sarà nel pieno della sua vita, al momento attorno a me non vedo altra soluzione che l’ internamento in un lager, che non si può più chiamare manicomio per convenzione ma continua ad esserlo a tutti gli effetti. Qualcuno può smentirmi? Magari, non chiederei di meglio ma dubito sia possibile. In questo anno ho letto, parlato, visto, ascoltato e non sono ottimista”, racconta Gianluca.
Ma in questo anno non è nato un progetto concreto o comunque un’idea da poter realizzare? “Questo libro ha proprio questo intento, l’ho scritto perché nessuno più s’illuda che qualcuno penserà ai nostri autistici quando noi saremo troppo stanchi per farlo, perché i genitori come me escano dal loro circolo magico e comincino a costruire assieme per il domani dei figli, ma lo facciano presto, fino a che ne avranno le forze – spiega Gianluca Nicoletti – Io credo che si dovrebbe realizzare un posto diffuso con spazi adeguati per i nostri figli e dove possano trovare una dimensione favorevole, senza che vengano messi in un angolo oppure dentro ad una gabbia. Devono stare a contatto con altri ragazzi e magari occuparsi del verde pubblico. Questa è la mia speranza…“.
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