L’inseminazione, il parto e la lettera a Renzi: Milo e le sue due mamme

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Laura e Valeria immortalate da Pietro Chelli
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(foto di Pietro Chelli)

Milo Valerio sta prendendo il latte da mamma Laura. L’altra mamma, Valeria, è al lavoro. Scene di vita quotidiana a Firenze, dove il tre maggio scorso è nata una nuova famiglia omogenitoriale. Che aveva già fatto sentire la propria voce, durante la gravidanza, sul blog Diversamentemamme e che nelle settimane scorse è tornata a far parlare di sé con una lettera al premier Matteo Renzi. Dove le due neomamme – Laura, 33 anni e Valeria, 37 – chiedono al capo del governo di concretizzare gli impegni annunciati: occuparsi, nei primi cento giorni, di unioni civili e di step child adoption. Una formula, quest’ultima, che nel caso specifico consentirebbe a Valeria di adottare Milo. Per la legge italiana, infatti, Valeria non è sua madre e non gode quindi di alcun diritto nei suoi confronti. A partorirlo è stata Laura, che risulta quindi, in quanto madre biologica, unico genitore.
Laura, vi aspettate una risposta?
“Ci piacerebbe molto. Più che una risposta alla nostra lettera, vorremmo che Renzi desse una risposta nei fatti a tutte le famiglie come noi. Purtroppo, per ora, tutto è affidato al buon senso delle persone, non c’è nessuna garanzia. Se mi succedesse qualcosa di brutto, Valeria sarebbe estromessa dalla vita di Milo”.
Finora avete subito discriminazioni?
“Assolutamente no. In ospedale siamo state trattate con grande accoglienza e apertura. Valeria era con me durante il parto, nessuno si è opposto. Dopo che Milo è nato, ho subito due interventi ma nessun operatore si è posto il problema che io e Valeria non fossimo legate per legge: le hanno affidato il bambino e hanno condiviso con lei ogni decisione medica, nonostante ci fossero i miei genitori nei corridoi. L’Italia non è tutta così, sappiamo che esistono ancora grosse sacche di resistenza ma la nostra esperienza è più che positiva. Ci siamo rese conto che la società è molto più avanti della legge”.
Per concepire Milo, però, siete dovute andare all’estero. Come è andata?
“Abbiamo ricordi magici, pazzeschi, intimi. Milo è stata concepito grazie al seme di un donatore in una clinica in Danimarca dove seguono un approccio il meno possibile medicalizzato. È stata Valeria a spingere lo stantuffo della siringa con il seme che era collegato al minuscolo catetere inserito dall’ostetrica. Valeria è stata resa partecipe in pieno e l’operazione è stata del tutto indolore. Poi siamo rimaste sole nella stanza con musica e candele. E abbiamo trascorso altri dieci giorni a Copenaghen, in vacanza. Al ritorno abbiamo scoperto che ero incinta. E l’esplosione di gioia intorno a noi è stata tanta”.
Nessuna perplessità?
“Qualcuna sì, del resto condivisa anche da noi stesse. Ci siamo chieste molte volte se saremmo state in grado di affrontare tutto questo in una società così chiusa, se il bambino avrebbe subito discriminazioni. Dubbi legittimi: la nostra non è stata una scelta a cuor leggero. Ma ci hanno convinte l’esperienza di altre coppie come noi, i racconti di Famiglie Arcobaleno e, poco a poco, anche le reazioni della gente”.
Per esempio?
“Quando sei solo una coppia vivi la tua omosessualità nell’intimo, non vai certo per strada a fare coming out. Quando decidi di avere un figlio, quando le persone ti incontrano e hai il pancione, le cose cambiano. Ma se la negoziante sotto casa e la vicina di 80 anni reagiscono bene, capisci che ce la puoi fare”.
Preoccupate per il futuro di Milo?
“Cercheremo di vivere in maniera spontanea il nostro essere una famiglia, al nido ci racconteremo per quello che siamo, con la massima trasparenza e fiducia. Chissà, forse Milo troverà qualche difficoltà da adolescente ma l’incontro con la diversità è un problema di tutti i bambini, non solo dei figli di coppie omosessuali. Speriamo che nel frattempo ci sia un ulteriore avanzamento culturale: già negli ultimi anni abbiamo toccato con mano che qualche cambiamento c’è stato. Certi stereotipi stanno scemando, di omogenitorialità si parla di più, e in maniera più corretta. La strada non è semplice ma siamo ottimiste”.
Il vostro blog, oltre a raccontare le tappe della vostra famiglia, che obiettivo ha?
“Sensibilizzare l’opinione pubblica: condividere e metterci la faccia crediamo sia la strada giusta per fare accettare un nuovo modello di famiglia. Allo stesso tempo, vorremmo dare agli aspiranti genitori omosessuali gli strumenti e le indicazioni per realizzare il loro sogno di un figlio”.
Nel vostro caso, come avete deciso chi sarebbe stata delle due la mamma biologica?
“Non lo abbiamo deciso, è venuto spontaneo. Entrambe, dentro di noi, sapevamo che la gravidanza l’avrei portata avanti io. Valeria non se la sarebbe sentita. E così è stato, senza discussioni”.

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