Genitori, sicuri che tutti i giochi siano uguali? No, come dimostra anche il titolo della conferenza in programma domani alle 16,45 al liceo artistico di Ravenna (via Tombesi Dall’Ova): “C’è gioco e gioco”, tenuta dalla psicologa Laura Casanova e dal docente dell’Università di Bologna Roberto Farné, anticipa la Giornata Mondiale del Diritto al Gioco, che la città dei mosaici celebrerà con una festa in programma domenica 25 maggio al Parco Mani Fiorite. Ed è Laura Casanova di Psicologia Urbana e Creativa ad anticipare i risultati di un’indagine che lo scorso anno, durante l’evento “Bimbo mia bimba mia” ai Giardini Pubblici, la sua associazione, allora ancora embrionale e ora costituitasi ufficialmente, ha realizzato tra bambini e genitori.
Laura, che cosa avete indagato?
“Volevamo capire quali emozioni si nascondono dietro il gioco. Abbiamo esaminato i questionari somministrati ai genitori e le risposte dei bambini alle nostre domande. Indagini che avevamo fatto dopo aver proposto cinque tipologie di gioco: uno di costruzione, uno con i birilli, uno collaborativo, uno psicomotorio e uno di fortuna. Alla fine di ogni gioco ma anche dei cinque giochi totali, abbiamo chiesto ai partecipanti se si erano sentiti capaci, se si erano divertiti, se l’attività li aveva fatti arrabbiare. Ai grandi, invece, abbiamo chiesto di osservare i comportamenti e le reazioni dei figli durante il gioco”.
Che cosa è emerso?
“Il gioco di fortuna, dove il bimbo sfida il caso, è quello che è piaciuto meno e nel quale i bambini si sono sentiti meno all’altezza. Però, allo stesso tempo, è quello che li ha coinvolti di più. C’era in palio un premio e questo ci fa fare un immediato collegamento con il gioco d’azzardo degli adulti: le teorie sostengono che se introduci un elemento di vincita, a livello inconscio la persona si fa prendere in maniera incredibile”.
Ci lancia un messaggio tutto questo?
“Sì, ci dice che è importante e utile giocare. Ma bisogna ricordare che il gioco muove parti di noi di cui dobbiamo essere consapevoli. Soprattutto se si è genitori”.
I genitori hanno visto le stesse cose vissute dai bambini?
“No, dicono che il gioco di fortuna è quello che ai loro figli è piaciuto di più. Osservare dall’esterno non è facile: si confonde il vissuto con il sentimento. Questa mancata coincidenza ci fa credere che sia necessario proporre il nostro progetto, ‘Nutrirsi di gioco’, nelle scuole. Finora la nostra è stata una sperimentazione, che continuerà nel prossimo ‘Bimbo mia bimba mia’. Vogliamo anche affinare i nostri strumenti, tarare meglio i giochi proposti”.
Mamme e papà come dovrebbero vivere il gioco dei bambini?
“Con attenzione. Il gioco è tempo produttivo per i bambini, serve per crescere. Ecco perché è necessario proporne di diversi”.
Il gioco, in genere, resta confinato a casa o in spazi piccoli, come la scuola. Voi, invece, proponete qualcosa di diverso...
“Psicologia urbana e creativa nasce dalla volontà degli psicologi di uscire dai loro studi, dove i problemi arrivano solo se chi ne soffre li vuole fare arrivare. Vogliamo farci conoscere dalle persone, sfatare il mito che chi va dallo psicologo è matto, portare la psicologia nelle strade. La presidente Giancarla Tisselli, per questo, punta ad allacciare una rete con diversi soggetti del territorio, come La Lucertola con cui collaboriamo: realtà che nulla hanno a che fare con la psicologia ma che spaziano dall’arte alla cultura. E che possono e vogliono condividere il nostro obiettivo”.
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