Ai ragazzi, di queste cose, non bisogna parlare. Assomiglia per alcuni tratti alla vicenda del liceo Giulio Cesare di Roma (dove il libro di Melania Mazzucco “Sei come sei” è stato messo all’indice) la polemica che ha colpito Deborah Bandini, media educator e protagonista del progetto Concittadini proposto dalla Regione Emilia-Romagna alle consulte provinciali degli studenti e al quale ha aderito anche il Comune di Ravenna. Deborah Bandini non è una che sul tema delle differenze di genere si è improvvisata. Basta ricordare la sua collaborazione con Lorella Zanardo, autrice del famoso “Il corpo delle donne”, un documentario fondamentale per capire come in Italia l’immagine della donna sia di continuo sessualizzata e svilita da televisione e pubblicità. Eppure alcuni consiglieri comunali l’hanno attaccata per avere “indottrinato” i ragazzi con “teorie di genere”. E ora che Concittadini è concluso, è il momento di fare il punto.
Deborah, lo stesso problema l’ha incontrato anche con ragazzi e insegnanti?
“No, a parte il boicottaggio di una scuola cattolica la reazione di ragazzi e insegnanti è sempre stata ottima. Lo conferma anche un altro progetto che porto avanti in altre 14 classi delle medie, sempre sul territorio comunale e sempre sul tema degli stereotipi di genere. L’entusiasmo si tocca con mano: segno che la scuola ha delle carenze su questi argomenti”.
Non sarebbe bene iniziare a parlarne quando i bambini sono più piccoli?
“Sì, l’interesse è crescente sulla fascia 0-6, anche se molti considerano un grande sacrilegio il fatto di iniziare così presto. Sto seguendo dei corsi e sto studiando per elaborare progetti specifici. Dal prossimo anno scolastico sarò in grado di proporli alle scuole. Spero che anche il Comune di Ravenna sia recettivo in questo senso”.
Alla fine dei conti, la polemica che l’ha colpita può essere considerata sterile?
“Non ne sono così sicura. Le associazioni che si battono contro l’educazione di genere sono sempre più radicate, alleate e hanno una capacità divulgativa che non va sottovalutata. Stanno impostando la loro battaglia sulla minaccia di cui dicono di sentirsi vittima. Basta pensare al fatto che ritengono non esista un problema omofobia, bensì un problema eterofobia”.
Eppure parlare di stereotipi di genere non significa per forza parlare di omosessualità e dintorni…
“Infatti. I miei incontri erano incentrati sulle differenze culturali tra maschio e femmina, sui giocattoli, sulle immagini diffuse dalla televisione. Non ho toccato il tema dell’orientamento sessuale. Eppure ho l’impressione di essere stata attaccata proprio perché si è pensato che io parlassi di omosessualità e transessualità”.
Si è se sentita difesa da qualcuno, oltre che da insegnanti e ragazzi?
“Questi sono temi che si affrontano anche a livello nazionale. Non c’è nessuna fantomatica teoria di genere di mezzo. Le teorie di genere non esistono, esistono gli studi di genere. La Società delle Storiche e il Centro studi sul genere dell’Università di Bologna lo ribadiscono e lo dimostrano a più riprese”.
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Commenti:
se una bambina vuole le bambole ci giochi, se vuole le macchinine è ok, se vuole entrambi è ok..senza paranoie
Bambini e bambine giocano con quanto viene loro proposto e non spontaneamente. La mente di un bambino/a è come una lavagna pulita, sulla quale noi adulti disegnamo il mondo che vediamo con i nostri occhi.
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