“Dodici ore sola in un letto”: interruzione volontaria da incubo per una donna di Ravenna

Ebbene sì, succede anche in Romagna. Eccome se succede. La brutta avventura vissuta da Valentina, la ragazza di Roma costretta ad abortire sola all’ospedale Pertini, è simile per molti versi a quella di una nostra lettrice, che chiameremo Letizia (il nome è di fantasia). Sono passati cinque anni dal terribile giorno in cui la donna, allora 34enne, fu chiamata insieme al marito a decidere in fretta e furia il da farsi davanti alla diagnosi inequivocabile della villocentesi: grave malformazione. Una verità sulla quale già il b-test, pochi giorni prima, aveva gettato parecchi sospetti.
Letizia, come ricordi quel giorno?
“Per una coppia non è affatto semplice decidere se interrompere o meno una gravidanza. Io e mio marito, messi di fronte ad una decisione da prendere al volo, visto che dopo un giorno sarebbe scaduto il termine per l’aborto chirurgico e avrei solo avuto la possibilità dell’aborto terapeutico, optammo con tanto dolore per l’interruzione. Non mi aspettavo certo di essere abbandonata a me stessa per ore ed ore”.
Cioè?
“All’ospedale di Ravenna, dove venni ricoverata, innanzitutto si effettuavano le Ivg in Ostetricia, quindi in mezzo a donne che avevano appena partorito, tra i neonati e i papà che gironzolavano felici nei corridoi. Per fortuna so che oggi non è più così ma davvero, a livello psicologico, fu una botta non da poco. Ma non fu certo solo questo il problema. Entrai alle sette di mattina e mi fecero l’ultima ecografia, che non auguro a nessuno. Per fortuna il medico ebbe il buon senso di non farmi sentire il battito del cuore del bambino. Dopo la somministrazione degli ovuli che fanno partire le contrazioni, mi fu detto di non alzarmi mai, per nessuna ragione: avrei potuto abortire in bagno. Per la paura me ne stetti a letto fino alle 18,30”.
Perché così tanto?
“Quel giorno i turni erano coperti da medici obiettori. Mi lasciarono da sola, abbandonata a me stessa, per oltre dodici ore: un incubo. Mio marito non sapeva se restare con me, assistendo a tutta la mia sofferenza, o uscire in corridoio, dove c’erano le famiglie felici per la nascita dei loro bambini. Uno strazio anche per lui”.
E poi, che cosa successe?
“Solo la sera mi chiamarono in sala operatoria per il raschiamento. Ero stremata dai dolori e dall’attesa. Quando prendi una decisione così sofferta e drastica come l’interruzione volontaria di gravidanza, l’unico desiderio che hai è liberartene in fretta. Invece no: avendomi operata così tardi, i medici furono costretti a tenermi in osservazione anche la notte. Quella che doveva essere una questione di poche ore, per quanto pesante, si protrasse fino al giorno dopo”.
Qualcuno si scusò di quel trattamento?
“La mia ginecologa, quando iniziò il turno il mattino seguente, rimase sbalordita dal fatto che mi avessero lasciato tante ore da sola ad attendere un medico non obiettore. Per quanto lei non lo sia, si scusò a nome del reparto. Queste cose non dovrebbero succedere. Era la mia prima gravidanza, il sogno di maternità che s’infrange. Essere trattate come l’ultima ruota del carro è assurdo. La legge 194 è in vigore da 26 anni, sancisce un diritto. Non si capisce perché, attraverso l’obiezione di coscienza, quel diritto alla fine non sia garantito”.

E sul tema avevamo intervistato lo scorso anno, in occasione del 25esimo anniversario della legge 194, la bioeticista Chiara Lalli.

Anche voi avete vissuto un’esperienza simile? Scrivete a redazione@romagnamamma.it

In questo articolo ci sono 8 commenti

Commenti:

  1. È meglio non andare nemmeno a partorire al 4 piano dell’ospedale di Ravenna … perché le dottoressea sarebbe meglio ffacessero un altro lavoro!

  2. Devo dire che a Ravenna non brillano per la sensibilità… a me successe di avere ripetute minacce d’aborto…in una mi misero in una stanza a fare il montoraggio con una ragazza che aveva appena perso il figlio e che ovviamente era disperata….assistitta da due ostetriche….. Io reistetti un po’ dentro e poi mi tolsi tutto ed uscii dalla stanza perchè era insostenibile il suo dolore con la mia preoccupazione…. davvero una gestione delle pazienti assurda….e se penso che la maggior parte degli operatori sono donne, e che dovrebbere quindi avere un minimo di sensibilità…..mi viene una gran rabbia ….

  3. dimenticavo…..PER LEGGE …dovrebbe essere sempre garantita la presenza di un medico non obiettore….è davvero vergognosa questa situazione…se la legge consente l’IVG è un diritto per chi volente o nolente ne deve ricorrere ed è un obbligo del sistema santario nazionale garantire questo diritto….

  4. e vero l’attesa e infatti lunga ,ho partorito la seconda figlia a ravenna ,pensavo che sono straniera e da sola per quello non mi dano attenzione !

  5. devo concordare. al 4 piano dell’ospedale di ravenna in ostetricia è meglio (potendo) non metterci piede. detto questo nonostante ostetricia sia così scarsa c’è invece l’eccellenza al TIN (terapia intensiva neonatale) piano di sotto.

    1. Cara Lacorby, noi abbiamo partorito all’ospedale di Ravenna e ci siamo trovate molto bene. La storia di Letizia non vuole fare luce su un problema del reparto di Ostetricia del Santa Maria delle Croci, segnala al contrario un problema nazionale.

  6. 16 mesi fa ho partorito a Ravenna . fortunatamente né io né il bimbo abbiamo avuto problemi..ma le ostetriche sono state tutte dolcissime e pazienti (forse una non è stata un granché. .)
    Non posso dire lo stesso invece per le infermiere del rparto di pediatria al 3 piano…

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