Il 90% dei bambini che arrivano in pronto soccorso non è grave. Ma certe manovre salvano la vita

Genitori che intasano il pronto soccorso: il problema è reale ma Enrico Valletta, direttore dell’Unità Operativa di Pediatria dell’ospedale di Forlì, sa che davanti all’angoscia di mamme e papà non ci sono comportamenti né giusti, né sbagliati. Però avere qualche informazioni su come reagire ai principali problemi dei bambini, se da un lato può salvare la vita al proprio figlio, dall’altro può evitare inutili fughe in ospedale. Valletta sarà ad Happy Family, alla Fiera di Forlì, sabato 1 marzo alle 16,30 insieme alla dottoressa Paola Scarpellini per l’incontro “Primo soccorso pediatrico: cosa faccio, cosa non faccio, cosa penso…?”.
Dottore, che cosa impareranno i genitori in un’ora e mezza?
“Proporremo un liofilizzato di un’esperienza che lo scorso anno abbiamo organizzato insieme al Centro per le famiglie di Forlì: un corso in cinque incontri al quale hanno partecipato circa ottanta persone. Siamo stati costretti a lasciarne fuori alcune. Abbiamo trattato i problemi più frequenti dei bambini: dalla febbre alla crisi d’asma, dalle scottature all’avvelenamento. Tra aprile e maggio partirà la seconda edizione del corso”.
Quanto è utile conoscere alcuni accorgimenti, soprattutto in caso di incidenti domestici?
“Moltissimo. Consente di evitare il peggio, quando il caso è grave. Oppure permette di valutare con maggiore calma la situazione quando il problema non è reale o è risolvibile. Le paure dei genitori sono moltissime”.
Quali, principalmente?
“La febbre, per esempio, mette angoscia, soprattutto quando è alta. Si pensa subito alla meningite, quando invece bisogna ricordare che si tratta di una normale reazione dell’organismo. Ci si chiede quali farmaci si devono usare, in quali quantità. Le convulsioni febbrili, poi, sono molto temute: sono brutte da vedere ma non sono pericolose. Inutile precipitarsi in ospedale”.
Si rischiano code e intasamenti?
“Anche. L’80%-90% circa dei bambini che arriva in pronto soccorso non ha carattere d’urgenza. C’è una tendenza a ricorrere subito all’ospedale: io non biasimo i genitori, se non si sentono tranquilli a rimanere a casa, posto che abbiano già cercato di contattare il pediatra, non devono certo farlo. Però è una tendenza che è molto cresciuta negli anni. Ogni notte c’è un’affluenza di circa otto/dieci bambini”.
C’è una sorta di identikit del genitore angosciato?
“Sicuramente riguarda più genitori giovani senza una rete parentale di sostegno. Magari genitori sradicati dalla propria terra, non per forza stranieri. Con l’aumento della famiglie monoparentali, notiamo anche un afflusso più forte di mamme sole”.
I luoghi comuni, invece, tardano a scomparire?
“Sì, soprattutto sul fronte avvelenamento. Alcuni credono ancora che sia bene somministrare latte o pane, oppure fare vomitare il bambino. Invece è meglio non fare niente. Mi stupisco ancora di come i genitori siano a volte poco attenti nel riporre certe sostanze: dallo smacchiatore al cherosene, passando per i tranquillanti della nonna. I bambini per natura sono curiosi e basta una disattenzione a provocare un avvelenamento. Non è raro che i genitori usino le bottiglie dell’acqua minerale per custodire altri tipi di liquidi, dimenticandosi poi del contenuto”.
Da pediatra, quale pensa siano le nozioni più importanti da conoscere?
“Le manovre di disostruzione delle vie aeree. L’inalazione di oggetti estranei o bocconi di cibo è forse l’unica vera emergenza in età 0-5 anni. Con poche e semplici manovre da eseguire nel giro di pochi minuti si può salvare una vita. A Happy Family i volontari del progetto Viva spiegheranno come”.

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