Quarant’anni, single e la voglia di un figlio: “Vado all’estero e divento mamma”

Mara Grande, come il nome della sua amica immaginaria da bambina. Un lavoro fisso, personalità decisa ma nessun fidanzato. E’ così  che una donna di 40 anni decide di non aspettare l’anima gemella ma di diventare mamma da sola. Iniziando un percorso di fecondazione assistita in una clinica di Barcellona senza lui a tenerle la mano o a farle coraggio, scegliendo la mamma come unica confidente e compagna d’avventura. Perché di questo si tratta: di un’avventura che Mara (in arte, perché il suo vero nome è un altro) ha deciso anche di raccontare nel suo blog: “Ogni vita è un’avventura. Inseminazione artificiale? Naturale! (storia di una quarantenne single alla scoperta della maternità)
Noi l’abbiamo intervistata.
 Mara, perché una donna di 40 anni, single, sceglie di avere un figlio da sola?
“La risposta sta un po’ nella domanda. come molte donne anch’io ho coltivato il desiderio di una famiglia ‘tradizionale’. Arriva però un momento, nel mio caso dettato dall’età, in cui è inutile affidarsi al fatalismo che ti fa pensare “arriverà l’uomo giusto…incontrerò prima o poi il padre dei miei figli”. A me non è ancora successo e il desiderio di maternità è superiore al desiderio dell’amore nella coppia. E’ una decisione maturata lentamente, una consapevolezza che si è fatta strada piano piano. L’idea di dire “lo faccio col primo che capita” c’è stata ma non mi è sembrata giusta né matura. Non c’è una regola, e non c’è un giudizio per chi trovandosi nella mia stessa situazione di quarantenne single decida di percorrere strade diverse. E’ qualcosa di molto personale”.
A che punto del suo viaggio è?
“Mi sto sottoponendo a stimolazione ormonale per fare un primo tentativo molto presto. Sono in una bolla di sapone in cui mantengo il mio segreto anche se ho paura che mi si legga in faccia. Ogni tanto penso che qualcuno mi possa fermare per strada e chiedermi “stai per fare la fivet?”. Cerco di mantenere un equilibrio e i miei sfoghi li faccio con il mio povero doctor House, la mia pazientissima ginecologa. Se non si hanno pressioni e aspettative esterne è tutto più facile da gestire.
Emotivamente, come sta? A cosa pensa?
“I pensieri prevalenti sono le mille domande che mi faccio durante la giornata “chi mi accompagna domani a fare il monitoraggio? Forse dovrei cambiare casa? E se poi faccio tanti tentativi e non rimango incinta? Ese m’innamorassi il giorno dopo aver scoperto di essere incinta? Sarai capace Mara di crescere un bambino? E se poi non arriva? Se muori?…”. Queste e altre mille, ogni giorno”.
Perché ha scelto di farsi accompagnare da sua madre?
“Una decisione come la mia necessita di un supporto psicologico. Io sono ancora ‘figlia’ e ho sentito il bisogno di avere mia madre accanto per fare un passo così importante. Se avrò la fortuna di essere madre spero di supportare i miei figli nello stesso modo in cui mia madre sta facendo con me. Per lei, la mia mamma, non è facile. è una donna di un’altra generazione ma mi ha compresa (dopo lunghe chiacchiere) e ha deciso di stare dalla mia parte. Penso che solo una mamma possa comprendere il desiderio di essere madre”.
Come risponderà alle domande degli altri riguardo alla sua gravidanza?
“Non l’ho ancora deciso. Devo trovare un modo che non metta in difficoltà l’eventuale nascituro. E’ una questione culturale, in Italia non è considerato ‘normale’, all’estero, in Spagna per esempio, è all’ordine del giorno. Con un po’ d’incoscienza (che ritengo necessaria) affronterò la questione quando e se si presenterà”.
Si è già è posta il problema di cosa dirà a suo figlio riguardo alle motivazioni della sua scelta?
“Sì, mi sono posta questo problema. La motivazione credo che sia la più banale del mondo e cioè che l’ho desiderato. Desidero avere un figlio, volergli bene e crescerlo. Che differenza c’è fra un amore così e l’amore di una donna in coppia? E non voglio dire che non mi ponga il problema dell’assenza di un padre o che non consideri importante la figura paterna. E’ un mio pensiero costante. Farò del mio meglio. Sto studiando a fondo l’argomento da un punto di vista psicologico e fortunatamente oggi c’è un sacco di letteratura in proposito perché in Europa è qualcosa che accade da decenni”.
Cosa direbbe alle donne che vorrebbero intraprendere un’avventura come la sua ma che non hanno il coraggio di farlo?
“Io non voglio avere il rimpianto di non averci neppure provato. Noi donne se vogliamo una cosa la facciamo o almeno ci proviamo. Alle donne che sono in dubbio dico di non essere fataliste e di non aspettare che i sogni ci cadano in testa dal cielo. Oggi, il mio più grosso pentimento è di non aver congelato gli ovuli all’età giusta. Mi assolvo pensando che sia difficile prevedere certe cose”.
Perché ha scelto di scrivere un blog sul quale raccontare la sua esperienza?
“Alcune lettrici mi hanno scritto che il mio blog sembra un romanzo e io ne sono ben felice perché ritengo davvero che ogni vita sia un’avventura. Personalmente ho più una vena ironica e meno tragica e racconto le cose per come le vivo. Scrivo perché mi aiuta a darmi un ordine, un metodo. Mi aiuta a ricordare le piccole tappe di questa grande avventura. Dopo aver pubblicato il primo post ho ricevuto un messaggio d’incoraggiamento e da quel momento scrivo anche per quelle donne che hanno a loro volta bisogno di essere incoraggiate. Rubo un po’ di coraggio e regalo un po’ di coraggio”.

g