Rabbia dei bambini, il monito della neuropsichiatra: “Mettete dei limiti”

L’aggressività dei bambini mette in agitazione i genitori. Le scenate e gli attacchi di rabbia spaventano i grandi. Lo dimostra il fatto che la neuropsichiatra infantile Catherine Hamon, quando a fine ottobre è stata invitata come relatrice dal Centro per le Famiglie di Forlì per tenere un incontro sul tema, ha registrato una partecipazione di 150 persone. Dopo quell’incontro, quando ha programmato tre gruppi per avviare un altro confronto sull’argomento, ha dovuto alzare il tetto massimo dei partecipanti: da 30 a 45 per volta. I gruppi sono in programma al Centro per le famiglie il 12 e 26 novembre e il 10 dicembre.
Dottoressa, perché mamme e papà davanti alla rabbia dei bambini vanno in tilt?
“I grandi hanno molte difficoltà ad impostare dei limiti, temono di fare la parte de cattivi, di frustrare il bambino. Non sanno, però, che il bambino vive i limiti come una protezione, come una casa. Mettere delle regole e dei paletti è rassicurante”.
Oggi, però, imperversa la moda delle facili ricette…
“Alle quali sono estremamente contraria. Ogni famiglia va aiutata a scoprire e mettere in campo le proprie modalità, le proprie risorse. Nei prossimi tre incontri ci concentreremo sulle loro esperienze, faremo emergere le loro domande, i loro dubbi. Non mi piace pormi come esperta, mi interessa potenziare le competenze dei singoli”.
L’idea che i bambini si trasformino in piccoli tiranni è fuorviante?
“Una ricerca americana ci dice che il picco dell’aggressività si raggiunge tra i 15 mesi e i tre anni. Insieme alla sessualità, l’aggressività è una funzione vitale. Serve all’auto-affermazione, serve a sondare i propri limiti e quelli degli altri. Ma non va dimenticato che il bambino non va lasciato a se stesso, che è pieno di desideri contraddittori che vanno guidati, indirizzati”.
Lontano da vademecum facilmente applicabili, come ci dobbiamo porre di fronte a nostro figlio che dà un morso al coetaneo, lo spinge o gli tira i capelli?
“Non bisogna farlo sentire in colpa, bisogna insegnargli ad incanalare la sua rabbia. Insomma, non va lasciato solo. Dobbiamo aiutarlo ad aggiustare le distanze, con la tranquillità che la sua rabbia è fisiologica”.

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