“Disciplina e sensibilità ma anche delusioni e rifiuti”: una giovane ballerina racconta il mondo della danza

La danza come scuola di vita, la danza come educazione. Ma anche come delusioni, sconfitte, rifiuti. Eleonora Pandolfini, insegnante al Centro di studi danza e arti coreografiche a Gambettola, questa sera alle 21 presenterà al Teatro comunale (piazza Risorgimento, 6) quello che dalla sua tesi di laurea in Scienze dell’educazione è diventato un libro, “A scuola di danza classica”. E che raccoglie testimonianze di allievi, insegnanti, genitori. A segno più e segno meno.

Eleonora Pandolfini

Eleonora, che mondo è quello della danza?
“Molto vario al suo interno, dipende dalle insegnanti. Ci sono esperienze molto belle e altre meno, anche per l’alto tasso di selezione e competizione. Lo dico nel libro: gli insegnanti dovrebbero avere competenze non solo tecniche, ma anche relazionali e psicopedagogiche. Spesso hanno a che fare con bambini di otto-nove anni con i loro sogni, nel pieno dello sviluppo. È un equilibrio delicato quello che devono mantenere”.
Quanto contano le aspettative?
“Moltissimo. A volte certi ragazzini vengono illusi di essere promesse della danza, di poter diventare dei grandi professionisti. Ma poi le cose non vanno come si pensava, il fisico si sviluppa come vuole. E vengono scartati dalle scuole professionali o dai coreografi. Ci sono reazioni anche pesanti”.
Per esempio?
“Crolli psicologici veri e propri, rifiuto del teatro anche come spettatori. Alcuni ex allievi raccontano di aver lasciato lo zaino intatto, di non essere nemmeno riusciti a spiegare ai genitori i motivi dell’abbandono”.
Il problema è collegato all’estetica del corpo, così importante nella danza?
“Anche, sì. A differenza di altre discipline come la musica o il calcio, nella danza l’aspetto estetico è intrinseco. Il ballerino dev’essere eccellente come purezza delle linee del corpo, grazia, eleganza; il corpo dev’essere proporzionato. Se il bambino viene allontanato può sentirsi non abbastanza bello, non abbastanza aggraziato”.
Con derive anche preoccupanti?
“A volte sì, lo racconta anche Mariafrancesca Garritano, la ballerina licenziata dalla Scala. Ho raccolto la sua testimonianza, in linea con il suo libro ‘La verità, vi prego, sulla danza’ dove denuncia l’anoressia a cui molti arrivano in quel mondo. Ma non è sempre così: io non punto il dito contro nessuno, la danza è anche altro, molto altro”.
Quali sono i risvolti positivi nel frequentare una scuola di danza?
“Ci sono strascichi e valori che ci si porta dietro per tuta la vita: il rispetto della figura adulta, la disciplina, il senso delle regole, la resistenza alla fatica, la cura personale, la sensibilità artistica, la capacità di organizzarsi, la sicurezza interiore. Sono cose che rimangono al di là della tecnica, dei risultati”.
Quanto è difficile rimanere in bilico tra il trattamento di parità che bisogna riservare agli allievi e, invece, la spinta a far emergere i talenti?
“Moltissimo, sono due estremi che bisogna riuscire a far convivere. Per questo credo molto nella preparazione a tutto tondo degli insegnanti, che in Italia purtroppo non è obbligatoria. Anche senza diploma si può insegnare danza”.

Questa sera intervengono l’autrice Eleonora Pandolfini, il professore Roberto Farné autore della prefazione, l’editore Mario Guaraldi, Claudia Rocchi del “Corriere Romagna”, allievi della scuola “Centro studi e arti coreografiche”. Introduce Stefano Giunchi presidente ADM (Arrivano dal mare).

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