Tre mesi in viaggio col figlio autistico. Il ricordo più bello? “Il bacio di Andrea ad una ragazza sotto la luna”

Andrea e Franco Antonello
“Impreco, ma lo amo” è una delle frasi più intense del racconto di Fulvio Ervas

Sull’autismo si dice di tutto. Forse perché tutto, sull’autismo, ancora non si sa. Allora non resta che seguire l’istinto, fidarsi dei medici ma soprattutto di se stessi, coltivare un sogno e provare a realizzarlo, a discapito dei detrattori. Fosse anche solo per vedere sul volto di tuo figlio un sorriso in più. Franco Antonello, papà di Andrea, sarà questa sera alle 21 al Centro congressi S.G.R. di Rimini (via Chiabrera, 34/b), ospite del Comilva, per raccontare la sua esperienza di padre alla prese con quello che definisce “un handicap maledetto” e in particolare il viaggio di tre mesi durante i quali lui e Andrea hanno tagliato in lungo e in largo l’America. Un itinerario inaspettato nella sua intensità e bellezza che Fulvio Ervas ha raccontato nel libro “Se ti abbraccio non aver paura” (Marcos y Marcos).
Franco, si sa che gli autistici hanno bisogno di abitudini, ritmi e orari sempre uguali. Tu, decidendo di partire per un viaggio avventuroso insieme ad Andrea, hai scardinato tutto ciò. A che scopo?
“Non volevo dimostrare nulla a nessuno né tantomeno smontare l’idea che un autistico necessiti di una metodicità nel suo quotidiano. Andrea è il primo ad essere più tranquillo se la mattina sa che cosa farà durante la giornata, se le sue attività gli sono già state programmate prima. Però sull’autismo nulla è certo, quindi ho deciso di fare di testa mia, rischiando e lanciando una sfida. Ho fatto cose diverse da quelle che in genere si fanno e il risultato è che non è successo nulla di disastroso, che non si è rotto assolutamente niente”.
Al contrario, è migliorato qualcosa?
“No, a parte l’intesa e il colpo d’occhio tra me e Andrea. Mi ero fissato tre obiettivi per lui, nessuno dei quali si è realizzato: che dicesse almeno una parola nuova in maniera spontanea, che smettesse di chiedere agli altri di farsi morsicare il braccio e che non schiacciasse più la pancia agli altri”.
Si tratta del famoso “abbraccio” del titolo del libro, quello che Andrea racconta scrivendo “Sento la pancia di persone per conoscere chi mi sta vicino”?
“Esatto. Lo abbiamo poeticizzato ma in realtà in molte occasioni crea problemi”.
Di recente è uscita un’altra testimonianza di padre alle prese con l’autismo, il libro di Gianluca Nicoletti “Una notte ho sognato che parlavi”, dove l’autore descrive un rapporto davvero simbiotico che si è venuto a creare con il figlio. Anche nel vostro caso, tu sei il referente speciale di Andrea, quello con cui si relaziona meglio e di più?
“Andrea si relaziona con tutte le persone che lo circondano ma con me ha un rapporto che con gli altri non ha. Persino con la mamma o con la maestra di sostegno, è più nervoso e meno controllabile”.
Chi è cambiato di più grazie al viaggio? Tu o lui?
“Lui ha aumentato l’autostima, glielo si legge negli occhi. Ma sono cambiato di più io. Volevo trascinare Andrea nel nostro mondo. Invece mi sono accorto di essere entrato più io nel suo. Non ci sono stati passi in avanti da parte sua, inutile negarlo”.
Se dovessi riassumere quel viaggio in un’immagine sola, quale sceglieresti?
“Di certo la sera in cui ero ubriaco sulla spiaggia e sotto la luna piena ho visto Andrea che abbracciava e baciava una ragazza, Angelica. Un’emozione incredibile, altro che il mio primo bacio”.
Tutto questo contrasta con l’atteggiamento delle persone che hanno cercato di scoraggiarti prima della partenza?
“Moltissimo. Tutti, tranne la mamma di Andrea che è stata la mia prima tifosa, mi dicevano che ero pazzo, che sarei tornato dopo una settimana. Invece siamo stati tre mesi. E poi ci siamo tornati altre due volte”.
Andrea ricordava le volte precedenti?
“Assolutamente sì, solo che non lo sa esprimere. Se Andrea viene a casa tua una volta e poi ci torna tre mesi dopo, se hai cambiato posizione ad un quadro lo sistema nella posizione di prima. Ha un senso dell’orientamento molto marcato”.
Quanti pregiudizi esistono, però sull’autismo?
“Una marea e di molto fastidiosi. Questo riguarda in generale la disabilità. Esistono troppi taboo e manca un’educazione. Io, nel mio piccolo, sto provando ad invertire la tendenza con la Fondazione I Bambini delle Fate. Ci occupiamo di coinvolgere le aziende per reperire fondi necessari a finanziare progetti sulla disabilità. Ad oggi abbiamo 320 aziende impegnate a sostenere dieci progetti, sei con associazioni di genitori e quattro con ospedali rinomati, per un totale di un milione di euro”.
Anche di quest’iniziativa di solidarietà parlerai stasera a Rimini?
“Sì, partirò dal libro, passerò dalla Fondazione e arriverò a parlare del messaggio che sto portando avanti. Andrea ha cominciato a manifestare i primi segnali di autismo dopo una vaccinazione. Sono solo un papà che lavora nella pubblicità, non sono un medico. Non posso permettermi di fare battaglie contro i vaccini. Ma sono convinto che siano responsabili dell’handicap di Andrea. Io sono contro le siringhe”.

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Commenti:

  1. C'era un uomo talmente povero che l'unica cosa che aveva erano solo i soldi!!!tu sei il padre più ricco del moNdo!!! ha detto:

    C’era un uomo talmente povero che l’unica cosa che aveva erano solo i soldi!!!tu sei il padre più ricco del moNdo!!!

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