Laureata in Fisica con cento dieci e lode, dottorato di ricerca, vari contratti in Italia e all’estero. Ha lavorato in Inghilterra, Stati Uniti, Germania, Svizzera e Israele. Ha viaggiato moltissimo, sperando di poter continuare a lavorare seguendo la sua grande passione: la ricerca su buchi neri e meccanica quantistica. Ma alla fine Serena Fagnocchi ha finito per fare quello che fanno tante donne oggi: di fronte al bivio ha svoltato. E la strada che ha scelto non è quella della ricerca. Sposata, 35 anni, due figlie di otto anni e sette mesi, nel 2010 ha sfidato Claudio Casadio alle primarie del Pd per la candidatura a presidente della Provincia di Ravenna. Un impegno, quello politico, che ha deciso di seguire dal 2007, anno della nascita del Pd.
Serena, che lavoro fa?
“Ora sono disoccupata. Sono stata fino a qualche mese fa ricercatrice universitaria in Inghilterra, prima ho avuto vari contratti di ricerca in Italia e all’estero. Ma fare la mamma pendolare è lacerante: qui tuo marito e tua figlia, là un lavoro. Ad un certo punto, semplicemente, qualcosa dentro di me si è spezzato e non ho più potuto continuare così. Non so se si può davvero chiamare scelta”.
Anche lei è un cervello in fuga…
“Non mi piace essere chiamata cervello in fuga. Sono tornata proprio per un’estrema presa di coscienza che attaccati a un cervello ci siano braccia, gambe, pancia e cuore e non si può pensare di scindere tutto. Cervello in fuga è una definizione superficiale, che descrive solo una parte di un ricercatore”.
Perché è tornata in Italia?
“La distanza per noi era un problema enorme. La famiglia, l’amore e anche l’attaccamento a questo Paese, ad un certo punto hanno preso il sopravvento su tutto il resto“.
Come si lavorava all’estero?
“Scientificamente li livello era molto alto. In Germania congedi parentali per entrambi i genitori, asili aperti tutto il giorno, flessibilità: un altro mondo. In Inghilterra il mio contratto prevedeva cinquemila sterline all’anno per facilitare la mia vita familiare. Era un contratto per sole donne nella scienza”.
Com’è lavorare in Italia?
“Qui non ci sono le condizioni per un proprio percorso lavorativo, è difficile conciliare famiglia e lavoro. Il mio è un lavoro particolare e già questo crea dei problemi enormi, perché viene considerato più come missione che come professione. A questo si aggiungono i problemi legati alla conciliazione”.
Nonostante questo non si è disamorata dell’Italia?
“Non ho voluto farlo. Nonostante questo Paese stupendo sappia essere terribile”.
Cosa succede quando una donna diventa mamma?
“Ho lavorato molto anche in Italia. Ho avuto mia figlia durante il dottorato a Bologna. Quando aveva cinque anni lavoravo a Trieste, stavo molto fuori. Quando una donna diventa mamma nel nostro Paese non ha sostegno: è obbligata a scindersi. Da noi si parla tantissimo di famiglia ma in realtà si intende la famiglia con la mamma a casa e il papà a lavoro, e aiutarla vuol dire fare stare la mamma a casa più a lungo. Invece dovremmo ribaltare tutto: mettere davvero la famiglia al centro e la donna nelle condizioni di avere più servizi, reinserendola nel mondo del lavoro nel più breve tempo possibile. Altrimenti la maternità si trasforma in un handicap lavorativo. Bisognerebbe appianare le differenze di genere dando ai papà dei veri congedi parentali”.
La politica ha capito qual è il problema delle donne nel mondo del lavoro?
“Una parte della politica pensa che sia bene per i figli che ci sia la mamma a casa. Anche quelli che in realtà la pensano diversamente tirano spesso in ballo idee un po’ superate: donne contro uomini. Invece servirebbe una visione più armonica. Finché i luoghi del potere saranno dominati da uomini e dal pensiero maschile, che oggi è imperante anche tra molte donne, sarà difficile che ci si renda davvero conto delle necessità del Paese. Se con una forzatura si obbligasse ad avere una percentuale maggiore di donne in tutti i luoghi del potere, allora le cose potrebbero cambiare”.
Consiglierebbe alle sue figlie di vivere all’estero?
“Spero che in Italia cambi qualcosa sia per le mie figlie che per me e la mia generazione. Oggi è un percorso a ostacoli. Mi piacerebbe che andare fuori fosse una scelta, che ci fossero opportunità qui come altrove. Non mi preoccupo se andare all’estero sarà una loro scelta, mi preoccupo se un giorno saranno obbligate ad andarsene”.
Da politico, cosa inserirebbe nella sua agenda oggi per cambiare la condizione delle donne sul lavoro?
“Congedi parentali obbligatori per i papà e contratti di lavoro basati sui progetti e sugli obiettivi, non sugli orari. Già questo sarebbe un grande cambiamento culturale”.
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