Giulio e Andrea, quando un ragazzo autistico rivoluziona la vita di un prof di inglese

Capita che un giorno sei in libreria e la titolare ti chiede se hai voglia di dare lezioni di inglese ad un ragazzo “speciale”. Capita che superi lo scetticismo e ti butti senza immaginare che quel ragazzo rivoluzionerà la tua vita e il tuo modo di insegnare. E’ la storia di Andrea Montanari, il prof e di Giulio Rosetti, l’alunno. Ma chiamarli così è molto più che riduttivo. Se volete scoprire il percorso che sono riusciti a fare insieme, avventurandosi tra parole e immagini, andate oggi alle 18 alla Feltrinelli di Ravenna (via Diaz 14), dove presenteranno “Favole narrate due volte. Viaggio di un insegnante di inglese e di un allievo pittore” pubblicato dal Centro studi Erickson.
Andrea, chi è Giulio Rosetti?
“Potrei dire che è un ragazzo affetto da autismo ad alta definizione, che gli provoca un disturbo di comunicazione e quindi un disordine lessicale. Ma preferisco descriverlo come l’alunno che ogni insegnante vorrebbe avere. Come mi disse sua madre all’epoca, l’unico problema di Giulio è la sua irrefrenabile voglia di imparare e scoprire, che di fatto rompe ogni stereotipo sulla paura del nuovo degli autistici”.
Come fu l’approccio con lui, dieci anni fa?
“Prima di iniziare ero titubante, non sapevo nulla di autismo. Ma la curiosità fu più forte della paura. Quando entrai la prima volta a casa di Giulio rimasi sbalordito dalla sfilza di quadri che aveva dipinto. Le immagini furono l’appiglio per conoscerlo ed entrare in comunicazione con lui”.
Quali furono le prime difficoltà?
“Mi trovai subito in una situazione paradossale: per insegnargli l’inglese, dovevo prima imparare la sua, di lingua”.
Quali canali hai usato?
“Ho dovuto trovare dei mediatori. Il primo furono appunto le immagini, che sono la sua isola felice. Il secondo il bar sotto casa: ogni volta che ancora oggi ci troviamo in disaccordo, ci prendiamo una pausa caffè e risolviamo i nostri conflitti”.
Alla fine i vostri incontri si sono limitati alle lezioni di inglese?
“No. La didattica è stata costruita sulle nostre passioni comuni, la narrativa. Abbiamo iniziato leggendo Dickens e Wilde: traducevamo, usavamo colori diversi per sottolineare i verbi. La grammatica l’abbiamo scoperta così. Piano piano ci siamo resi conto che insieme, io scrivendo e lui dipingendo, potevamo produrre qualcosa di nostro. E ci siamo messi a inventare storie, passando all’italiano”.
Come è avvenuta quella rivelazione?
“Un giorno leggemmo ‘Il gigante egoista” di Oscar Wilde. Alla fine gli chiesi di fare i disegni della storia. La settimana dopo mi presentò sette tavole che, oltre ad essere belle, coglievano esattamente i punti nodali del racconto. Fu uno spartiacque nel nostro percorso”.
Il vostro rapporto è paritario?
“Sì, Giulio con me ha una pazienza pedagogica. Oltretutto è di una precisione incredibile: ancora adesso mi manda messaggi sul telefonino per sapere a che punto sono con il lavoro che abbiamo concordato la volta precedente. Ed è talmente educato e rispettoso che ogni volta che perdo la pazienza e mi scappa una parolaccia, rimane sbalordito. Per lui le uniche imprecazioni ammesse sono ‘diamine’ oppure ‘che disdetta’”.
Il vostro è rimasto un percorso uno a uno?
“No, con il tempo si sono aggiunti un insegnante di disegno e una psicologa. Siamo diventati un team. Giulio, in ogni caso, abbiamo continuato ad incontrarlo singolarmente, confrontandoci poi all’esterno. E’ quello che dovrebbe succedere anche a scuola”.
La parola “speciale” che ti disse quella libraia corrisponde alla realtà?
“Sì, la specialità non è la condizione di difficoltà ma quello che riesci a trovare nella persona che stai seguendo, quello che riesci a fare con lei e quello che anche gli altri alunni, i cosiddetti normodotati, hanno il diritto di scoprire”.
Che cosa ti ha insegnato Giulio?
“Giulio ha cambiato il mio modo di insegnare e di stare a scuola. Oggi, in classe, faccio un uso sistematico delle immagini. Giulio mi ha fatto capire che cos’è la concertazione, la mediazione estesa. E da lui ho imparato che la pedagogia speciale ha delle ricadute sulla nostra vita normale. Ho iniziato come il suo insegnante di inglese e ci siamo ritrovati coautori di racconti”.
Che temi trattano, le vostre storie?
“Le nostre storie sono nate secondo una modalità libera. Siamo partiti sempre da un’idea o da un’immagine comune e poi ognuno di noi, a casa, ci ha lavorato intorno. All’incontro successivo ci siamo confrontati, ne abbiamo parlato e abbiamo limato, modificato, corretto il tiro, non senza scontrarci. Alla fine ci siamo accorti che sono tutti racconti sulla diversità”.

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Commenti:

  1. Giulio Rosetti: un giovanotto speciale.
    Andrea Montanari: un insegnate magnifico, difficile da trovare sul territorio anche se sei disposto a pagarlo bene. Complimenti all’insegnante. Mi ricorda il film “Stelle sulla Terra” 2006.

  2. Ciao Andrea, sono Presidente di un ‘Associazione imolese che sviluppa un progetto di basket per autistici non ché genitore di Marco, ragazzo autistico di venti anni. Stiamo costruendo un progetto che ha molte cose in comune con la vostra esperienza. Possiamo avere un confronto? Attendo fiducioso un messaggio!

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