Dietro il bancone del bar Ferrari: la sfida di Roberta Savigni

“So fare solo questo, mi piace solo questo”. Roberta Savigni è da poco la titolare del bar pasticceria Ferrari di Ravenna. Un’esperienza che ha voluto con fermezza dopo sedici anni passati insieme al padre dietro il bancone del Caffè della Lirica. E che nel bene e nel male ha avviato contro il parere di molti: “Sostenere la scelta di aprire un locale così grande quando molti stavano chiudendo, di ristrutturare un bar storico tra permessi, banche, Ausl, Comune, finanziamenti, non è stato automatico. Ma ho incontrato le persone giuste e sono andata avanti per la mia strada”. Non senza difficoltà: “La parte peggiore è la burocrazia, quella migliore la gente. Magari, su cento persone che entrano, 99 ti criticano. Ma ne basta una che ti apprezza per farti mantenere l’entusiasmo”.

E’ così che Roberta riesce a concentrarsi sui molti progetti che ha in mente. Il primo è fare sì che la sua pasticceria ottenga il riconoscimento di locale storico d’Italia, in modo da entrare gratuitamente nelle guide turistiche: “Vogliamo puntare ai turisti, stiamo ragionando su come portare i crocieristi qui da noi. Ecco perché i miei dipendenti dovranno seguire un corso d’inglese. Mi piacerebbe anche organizzare eventi che riescano a portare clienti da fuori Ravenna. E abbiamo deciso di tenere aperto la sera, poco a poco vorremmo intercettare il pubblico che esce da teatro”. Tutto questo Roberta lo deve coniugare con la sua vita di mamma del piccolo Andrea, tre anni: “Verso di lui ho molti sensi di colpa, non tanto per il lavoro che m’impegna quanto per il fatto che non riesco a dargli delle regole, che sono apprensiva e gelosa degli adulti che gli ruotano intorno. Ho sempre paura che gli altri gli diano più di me. Ecco perché sull’ingresso e l’uscita dal nido non transigo: vado sempre io”.

Roberta, sul lavoro, ha scelto di contornarsi quasi solo di uomini: “Ho solo una dipendente donna su quindici. E’ stata una scelta: voglio evitare invidie, gelosie. Non è stata una decisione dettata dalla paura che le donne restino incinta, anzi: mi dispiace pensare che nella vita una donna si privi della gioia della maternità”. Roberta sa che anche questo le porterà critiche: “Purtroppo ci vuole un secondo perché le persone ti gettino addosso fango. Bastano i miei capelli viola, a volte. Ma confido nella nostra professionalità e nel fatto che stiamo lavorando al top”. Ecco perché, anche quando Roberta è a casa, è come se non lo fosse: “Io posso uscire quando voglio, figuriamoci. Ma non stacco mai la spina”.

Se dovesse augurare a suo figlio di prendere in mano il locale, un giorno, la titolare di Ferrari non lo farebbe: “Mi piacerebbe che Andrea facesse esperienze fuori, se si legasse a questo posto prima o poi lo vivrebbe come una galera. Bella sì, ma pur sempre una galera. E sarebbe sempre sotto i riflettori”. Come adesso lo è sua madre: “Siamo la novità, andiamo di moda. Per gli aspetti positivi e negativi, siamo sottoposti al giudizio degli altri. Anche mio marito Enrico, che fa l’infermiere in rianimazione, è visto come il marito della titolare di Ferrari. Il mio è un mestiere ingombrante”.

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