Ragazzini, straniere, famiglie: cambia l’utenza al consultorio di Imola. La responsabile: “Si è abbassato il muro della vergogna”

Sempre più adolescenti, sempre più genitori, sempre più donne straniere. I tempi cambiano e si vede anche dall’osservatorio del Consultorio familiare di Imola, che insieme allo Spazio Giovani inaugurerà la nuova sede venerdì 1 febbraio all’interno dell’ospedale nuovo. Un’occasione d’oro per fare il punto su progetti, andamenti, numeri.  Un bilancio che evidenzia positività e negatività, come spiega la responsabile Maria Grazia Saccotelli.
Dottoressa, da chi è composta la vostra utenza?
“Nello Spazio giovani è composta da adolescenti tra i 14 e i 19 anni. Nel consultorio, invece, da donne che abbracciano le varie fasi della vita. In entrambi i casi abbiamo un’equipe formata da psicologi, ostetriche, ginecologi”.
Quali sono i bisogni emergenti?
“Prima di tutto cresce il numero di donne straniere che si affacciano al consultorio. All’inizio degli anni Novanta alcune venivano a chiedere una visita ostetrico-ginecologica, poi progressivamente hanno allargato la tipologia delle loro richieste e oggi chiedono anche consultazioni psicologiche. Un fenomeno che ci ha fatto istituire, all’interno del servizio, uno spazio per la salute della donna migrante”.
Il fatto che sempre più ragazzini si rivolgano a voi, invece, come lo leggete?
“Da un lato è positivo perché i giovani sono più consapevoli dei propri bisogni e non hanno paura di farsi aiutare. Ciò non significa che stia diminuendo il disagio adolescenziale, anzi. In linea generale registriamo una sofferenza in termini di mancata autostima, scarsa fiducia in se stessi, fragilità narcisistica. Non dimentichiamo, poi, l’aumento delle dipendenze e dei disturbi del comportamento alimentare che hanno anche portato ad istituire un servizio multidisciplinare all’interno della neuropsichiatria”.
I giovani vengono da soli o tramite i genitori?
“In certi casi arrivano autonomamente, anche perché siamo soliti andare nelle scuole per farci conoscere e quindi il servizio è a loro noto. Oppure il primo accesso lo fanno i genitori, che diventano una sorta di mediatori”.
C’è una crescita dei maschi che accedono?
“Sì, la riscontriamo. La parte maggiore la fanno ovviamente le ragazze, visto che trattiamo tematiche ostetrico-ginecologiche. Ma anche i ragazzi hanno iniziato a farsi vedere, sia dall’andrologo che dallo psicologo”.
Insomma, si è abbassato il muro della vergogna?
“Sì, anche da parte dei genitori. Oggi le tipologie di famiglia sono diverse e molteplici non c’è più un unico punto di riferimento. Quindi la richiesta di aiuto e sostegno è in crescita. Senza vergogna, appunto”.

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