Cari politici, visto che siamo in periodo elettorale, tanto vale farvi un pro memoria sulla situazione dell’occupazione femminile in Italia. Tutti temi cari alle vostre agende nei prossimi mesi, c’è da scommetterci: famiglia, lavoro, conciliazione. Parole che ci prepariamo a sentire a valanga. Ma che poi, quasi per incanto, scompariranno. Almeno, dagli appuntamenti più urgenti.
Ocse e Pil. Ci ha pensato il premier Mario Monti a ricordarcelo. A noi, a cui il tema sta particolarmente a cuore, è rimasto ben impresso già quando è stato reso noto. Appena qualche settimana fa l’Ocse ha fatto sapere che se nel 2030 in Italia si arrivasse a livelli di pari opportunità tali da portare uomini e donne parimenti occupati, il Pil pro capite crescerebbe di un punto percentuale all’anno. L’Italia, ha sottolineato l’organizzazione, è terzultima tra i Paesi membri con il 51% di donne nel mondo del lavoro, contro una media del 65. Causa del loro impegno nella cura di casa e famiglia e del minore accesso ai servizi dell’infanzia.
Domanda di una mamma: e se agli asili affiancassimo altre soluzioni meno costose? E se investissimo di più nei telelavori? E se si investisse di più negli asili aziendali? Italiani: e se cambiassimo mentalità?
Womenomics. Non spaventatevi, può sembrarlo ma non è una parolaccia. Non ancora. Andando avanti di questo passo, forse, lo diventerà. C’è chi sostiene che “il lavoro delle donne è il più importante motore dello sviluppo mondiale”. Non lo dico io, lo ha scritto l’Economist: “In Paesi come il Giappone, la Germania e l’Italia, tutti in difficoltà demografica, lavorano molte meno donne che in America. Per non parlare della Svezia. Se la forza femminile arrivasse ai livelli americani darebbe una potente spinta alla crescita economica di questi Paesi”. L’ingresso di centomila donne nel mercato del lavoro genererebbe un aumento del Pil pari allo 0,28%.
Donne e lavoro in Emilia Romagna. In dieci anni l’occupazione complessiva è cresciuta di 213mila unità, di cui 131mila donne (61,5%). Il tasso di occupazione in regione al 2009 è pari al 61,5 per le donne e al 75,5 per gli uomini, in Italia solo la Provincia autonoma di Bolzano fa meglio con il 62%. La media in Italia è 46,4 per le donne e 68,6 per gli uomini. Ecco che cosa accade nel resto d’Europa: ai primi sette posti svettano Danimarca (73,1 il tasso per le donne, 78,3 per gli uomini), Olanda (71,5 donne, 82,4 gli uomini), Svezia (70,2 il tasso di occupazione femminile, 74,2 quello maschile), Finlandia (67,9 donne, 69,5 uomini), Austria (tasso al 66,4 per le donne, 76,9 per gli uomini), Germania (66,2 donne e 75,6 uomini), Regno Unito (tasso di occupazione del 65% per le donne, 74,8 per gli uomini).
E la retribuzione? In qualsiasi settore si guarda, le retribuzioni restano differenti tra uomini e donne. Prendendo ad esempio solo i contratti a tempo pieno, a parità di professione, un dirigente uomo guadagna in media 2.909 euro, una donna nella stessa posizione ne guadagna 2.411; un quadro uomo ne guadagna 1.960, una donna 1.600; un impiegato 1.471, una donna 1.282; un operaio 1.218, un’operaia 996.
Che dite, cambiamo Paese?
I dati di questo articolo sono estrapolati dalla relazione “L’occupazione femminile in Emilia – Romagna. Numeri per decidere”.
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