A Santarcangelo il Twister è in dialetto. Certificato da una poetessa

Avete presente il gioco del Twister, quel telone punteggiato di cerchi colorati sui quali gareggiare con mani e piedi? I vostri figli, se hanno dai 7 agli 11 anni, potranno sperimentarlo in dialetto santarcangiolese. Giovedì 17 gennaio, alle 16, la biblioteca Baldini di Santarcangelo di Romagna (via Cavallotti, 3) organizza infatti “Tal capéss e’ dialèt? Zuga sa néun” (lo capisci il dialetto? Gioca con noi). Il laboratorio sarà tenuto da Annalisa Teodorani, poetessa dialettale, che con l’aiuto di Sara Balestra coinvolgerà i bambini intorno ad un patrimonio linguistico considerato da molti in via di estinzione.
Annalisa, quale finalità si propone la vostra iniziativa?
“Non vogliamo insegnare il dialetto a nessuno, né imporlo come una lingua da imparare e coltivare a tutti i costi. Non lo riteniamo giusto. Ci piace però l’idea di stimolare nei bambini una ricerca personale di queste sonorità”.
Finora che riscontro avete avuto? I nostri figli, il dialetto, lo sentono ancora parlare?

Annalisa Teodorani

“Dalla nostra esperienza sì. Per quanto il dialetto sia visto come una lingua morta, ci siamo accorte che invece i bambini, in famiglia, hanno ancora la possibilità di ascoltarlo. Sono loro a dirci qualche parolina, a raccontarci che i nonni li chiamano burdèl”.
Che reazioni hanno i partecipanti alle vostre attività?
“Sono entusiasti, da ogni laboratorio usciamo molto cariche. In genere proponiamo delle letture animate in dialetto, spesso da testi di Tonino Guerra, che con la sua immaginazione si rivolgeva davvero a persone di ogni età. E poi giochiamo. Nel caso del Twister, le parti del corpo le diciamo in dialetto”.
E’ la famiglia, in ogni caso, la prima fonte di apprendimento del dialetto? 
“Sì, nel mio caso fin da piccola l’ho sentito parlare sia dai genitori che dai nonni. Mi ha aiutata anche il contesto: Santarcangelo è un paese che conserva evidenti caratteristiche di ruralità. Nel borgo ci sono ancora parecchie persone che parlano dialetto”.
Perché lo definite santarcangiolese e non semplicemente romagnolo?
“Perché esistono troppe varianti e sfumature. Usare il termine ‘romagnolo’ non mi sembrava corretto. Io conosco il dialetto santarcangiolese, l’unico nel quale riesco a scrivere, parlare e proporre attività”.

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