Una mamma ci ha segnalato di avere dovuto attendere ore in un reparto di Ostetricia di un ospedale dell’Emilia-Romagna per effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza. Una scelta difficile, quella di abortire, alla quale è giunta dopo una comunicazione pesante da parte della sua ginecologa: il bambino che portava in grembo sarebbe infatti nato con la sindrome di Down. E allora ci siamo chieste quanto l’obiezione di coscienza incida sull’attività dei reparti. E ce lo dice la Regione, con alcuni dati riferiti al 2011 ma usciti solo da qualche settimana. Nelle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna che praticano interruzioni volontarie di gravidanza, l’incidenza dell’obiezione di coscienza riguarda circa la metà dei medici ostetrici-ginecologi (51,9%) e circa un terzo dei medici anestesisti (33,4%), con una grande variabilità tra le diverse aziende sanitarie. Sommando le due diverse figure sanitarie, il tasso di obiettori più alto di tutta la regione si registra a Rimini, che arriva a quota 60,5. Ma i dati si possono anche scorporare. Cominciamo dall’Ausl di Ravenna: su 34 ginecologi, 18 (quindi oltre la metà) sono obiettori. Dei 56 anestesisti, sono 18 quelli che si oppongono ad effettuare aborti. A Imola sono obiettori 5 su 13 ginecologi e 4 su 25 anestesisti. A Forlì obiettano la metà esatta dei medici ginecologi (9 su 18) e 13 su 33 anestesisti. A Cesena i ginecologi obiettori sono 6 su 15. Dieci su 45, invece, gli anestesisti. A Rimini, cifre più o meno simili sul fronte ginecologi: dicono no alle interruzioni volontarie di gravidanza 12 medici su 28. Ma qui, diversamente dalle altre realtà, anche gli anestesisti che in tema di aborto si fanno problemi di coscienza non sono pochi: 31 su 58, più della metà.
L’Emilia-Romagna, in ogni caso, va detto che è sotto i corrispondenti dati nazionali: quelli riferiti al 2010 risultano infatti più elevati. Sono obiettori il 69,3% dei ginecologi e il 50,8% degli anestesisti italiani.
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