Festa del papà richiama situazioni positive. Ma molti padri, soprattutto dopo le separazioni, si trovano a dover gestire un dolore e una situazione più grandi di loro. Paolo Mazzone, psicologo e psicoterapeuta del Centro Liberamente di Ravenna, ne sa qualcosa.
Che cosa significa per un uomo, a livello psicologico, affrontare una separazione dove di mezzo ci sono figli?
“Per ogni padre la separazione ha un significato diverso perché diverse sono le storie di queste ex-coppie, diverse sono le modalità con cui si arriva alla separazione, diverse sono le storie delle famiglie d’origine e quindi diversi sono i vissuti emozionali che possono accompagnare i cosiddetti ‘padri separati’. Un sentimento che però, secondo il mio punto di vista, li accomuna è il fatto di sentirsi negare un proprio bisogno (laddove succeda) e nel non sentirsi riconosciuti in quel ruolo ritenuto di fondamentale importanza e in cui padri si calano oggi più di ieri”.
Le risulta che i padri oggi siano più coinvolti nella vita familiare? 
“Negli ultimi anni i padri partecipano con elevata frequenza ai corsi di preparazione al parto e assistono alla nascita, i padri non mostrano alcun disagio nell’accudire dei figli piccoli o nel seguire da vicino i risultati scolastici del proprio figlio. I padri, in percentuale sempre più elevata, riconoscono i figli naturali. Il proliferare delle associazioni dei padri separati è segno manifesto di un disagio molto doloroso. Se i padri non fossero cambiati non esisterebbero questi movimenti”.
Quali sono i maggiori disagi che incontrano?
“Come ogni ‘padre separato’ risponderà psicologicamente alla separazione è determinato dalla propria e specifica storia personale. In ogni caso, ai disagi economici si aggiungono quelli psicologici; molti studi hanno dimostrato che durante l’anno successivo al divorzio i padri trascorrono più tempo al lavoro, in attività solitarie e ricreative e meno tempo a casa rispetto ai padri che vivono in una famiglia intatta. Questo accade perchè emerge un bisogno di evitare l’isolamento e la solitudine; molti padri dicono di voler fare qualunque cosa pur di non tornare in una casa vuota; è emerso inoltre che il contatto tra il padre divorziato e il figlio decresce costantemente nel tempo. Uno dei maggiori cambiamenti riscontrato dagli esperti nei padri divorziati durante il primo anno dopo il divorzio è un calo dell’autostima, della fiducia in se stessi come genitori competenti. I padri divorziati hanno spesso l’impressione di aver fallito come genitori e come mariti ed esprimono notevoli dubbi riguardo alla possibilità di potersi ricostruire una vita; inoltre, spesso pensano di affrontare peggio il lavoro, di non funzionare bene nelle relazioni sociali e di essere meno capaci nelle relazioni eterosessuali”.
Che percorso propone lei, davanti a situazioni di crisi familiare dove il paziente è un uomo, marito e padre?
“Io proporrei un percorso individuale in cui la persona abbia la possibiltà di prendere contatto e consapevolezza dei propri vissuti emozionali e possa attribuire loro significati nuovi e diversi, che restituiscano al padre dignità, stima e fiducia per il futuro. Ancor meglio sarebbe un percorso con entrambi i genitori (laddove possibile), in quanto si può smettere di essere coppia ma non si può smettere di essere genitori. Entrambi gli ex-partner contribuiscono in maniera circolare allo crearsi di quelle situazioni di rispettivo disagio individuale, che di conseguenza si riflettono in maniera spesso negativa sui figli. Di per sé la separazione non è una tragedia: molto meglio una coppia separata (o in procinto di separarsi) e capace di dialogare, capire e accettare le proprie e altrui esigenze, in modo da far crescere i propri figli all’interno di un contesto dove circolino le emozioni e dove i figli possano esperire un buon grado d’affetto e stima reciproca fra i genitori, piuttosto che una coppia non separata ma priva di tutto ciò. Il percorso di coppia/genitori o familiare può favorire lo svilupparsi di queste situazioni e aiuta, in questo specifico caso i padri, a sentirsi maggiormente riconosciuti nel loro ruolo e meno soli nell’affrontare le difficoltà che si presentano”.
Secondo lei il contorno legislativo potrebbe tutelare meglio i padri?
“Non è il mio campo ma ritengo auspicabile una sempre maggior attenzione da parte di tutti, istituzioni, professionisti e società, verso quei padri che si trovino in forte difficoltà psicologica nell’affrontare questa dolorosa fase della propria vita”.
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