Figli transgender, la mamma di Greta: «Con la disperazione non si va da nessuna parte, serve supporto»

«Con la disperazione i figli non si aiutano». Cinzia Messina, ravennate, nel gennaio dello scorso anno ha dato vita all’associazione «Affetti oltre il genere» per stare vicino a quei genitori che si trovano a vivere la stessa situazione in cui si sono trovate lei, sua figlia e suo marito. Cinzia è la mamma di Greta, una ragazzina ravennate che all’età di 12 anni ha fatto coming out riguardo alla propria identità di genere, iniziando il suo percorso di transizione: «Le domande che ci pongono i genitori sono sempre le stesse, si chiedono a chi rivolgersi per ricevere sostegno e aiuto».

La maggior parte delle famiglie che hanno un figlio transgender si ritrovano sole ad affrontare qualcosa che è sconosciuto e che molto spesso fa paura: «Molti genitori si sentono smarriti, non sanno come comportarsi nei riguardi del proprio figlio/a, sentono un’enorme difficoltà nell’utilizzare il nome “eletto”, cioè quello che hanno scelto per se stessi. A volte questo rappresenta un passaggio drammatico. Inizialmente anche io mi sentivo a disagio nel chiamare mia figlia con un altro nome, poi l’ho vista felice come non era mai stata da quando è nata. Per una persona transgender è una grande gioia sentirsi chiamare con il nome prescelto. È un modo per essere riconosciuti, accettati, in primis dalla famiglia. Io mi sono abituata subito a pronunciare “Greta”, il nome di mia figlia. Mi adeguo in fretta a ciò che fa bene, e le parole, quelle giuste, riescono a farne tanto».

Proprio di parole, linguaggio e stereotipi si parla durante alcuni incontri dell’associazione: «Organizziamo molte formazioni incentrate sul capire che cosa si intenda con identità di genere, orientamento sessuale. Cerchiamo inoltre di individuare i costrutti sociali che distruggono la libertà di vivere dei nostri figli transgender».

Non solo genitori di figli transgender, ma tanti altri attivisti ruotano intorno all’associazione: «Le famiglie sono un centinaio da tutta Italia, ma tra i sostenitori abbiamo molte persone che vogliono conoscere e saperne di più sull’argomento. D’altronde questa società patriarcale, che poggia su vecchi stereotipi, ci riguarda tutti. L’intelligenza e la curiosità ci porta a oltrepassare i muri, a ragionare in un altro modo. E questa è una grande conquista, indipendentemente dal fatto se si è cisgender, transgender, non conformi».

Cinzia e Luigi, il papà di Greta, hanno partecipato a molte trasmissioni televisive e sono costantemente contattati da tanti genitori: «Questi ragazzi vivono un’infanzia difficile e a un genitore sentirsi in colpa non serve a nulla, visto che già ci si sentono i propri figli. Ciò che serve è sapere come aiutarli, come parlare con i dirigenti scolastici, per esempio, quando ci sono delle discriminazioni in classe, e soprattutto sapere che i loro figli hanno gli stessi diritti degli altri».

L’associazione offre anche sostegno, vicinanza e condivisione: «Il primo contatto avviene tramite una telefonata o con zoom. Mi capita di stare anche due ore al telefono con una famiglia, e quando vedo, che un po’ si aprono, che poi partecipano agli incontri di socializzazione, momenti in cui insieme alla figura di uno psicologo si condividono esperienze, mi accorgo di essere stata utile. Organizziamo anche socializzazioni rivolte agli stessi ragazzi e un obiettivo è quello di tenerne alcune dedicate ai fratelli degli adolescenti transgender. Queste sono occasioni importanti di confronto, per creare gruppi e fare amicizia».

L’associazione si avvale della figura di uno psicologo che fa parte del direttivo e collabora con altre associazioni distribuite su tutto il territorio italiano: «È importante fare rete e creare connessioni per abbattere l’ignoranza e la paura che ancora persevera nella società. Noi a Ravenna abbiamo ricevuto un grande sostegno morale e ottenuto anche delle risposte positive, come nel caso della Start Romagna, che ha concesso a Greta l’abbonamento con il suo nome d’elezione. Ma tanto c’è ancora da fare. Sarebbe bello poter aprire uno sportello antidiscriminazione per i genitori e per le persone transgender, cosa che a oggi a Ravenna non siamo ancora riusciti a fare. Inoltre, nessun dirigente scolastico ha attivato una carriera Alias, che preveda un’identità differente rispetto a quella anagrafica, senza una documentazione medica. Ma dobbiamo ricordare che essere transgender non vuol dire avere una patologia. E noi genitori dobbiamo cominciare a vivere l’euforia di genere dei nostri figli. Solo così possiamo star loro veramente accanto e accompagnarli in questo viaggio che è la loro vita».

 

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