“Per le mamme serve la flessibilità dello smart working, il part time non è una soluzione”

La consigliera di parità Carmelina Angelo Fierro racconte le paure delle future madri. La sua è una visione moderna che si scontra anche con le paure di chi teme di perdere il lavoro

Carmelina Angelo Fierro , consigliera di parità

«Quando vado ai corsi di preparazione al parto a raccontare di che cosa si occupano le consigliere di parità, tocco ogni volta la paura delle future mamme di tornare al lavoro: il timore è legato alla possibilità che non venga loro concessa flessibilità negli orari, o che non venga data la possibilità dello smart working, anche se magari ne hanno già usufruito in passato. Qualcuna, addirittura, ha già deciso ancor prima di partorire che si dimetterà».

Carmelina Angelo Fierro è la Consigliera di parità per la provincia di Ravenna, una figura a suo dire ancora poco conosciuta, intorno alla quale esistono reticenze, e che spesso viene scambiata per altro: «Il mio ruolo è quello di rimuovere le discriminazioni laddove c’è un rischio che le donne perdano il lavoro, ma anche di sostenere le aziende affinché, sperimentando, valorizzano le loro risorse femminili. Lo faccio attraverso le cosiddette azioni positive, ovvero promuovendo nuove modalità di lavorare che non facciano sentire le donne, spesso neomamme, un peso, un costo e un motivo di difficoltà. La consigliera non è colei che si occupa delle vertenze e protegge il licenziamento, bensì colei che porta avanti un’organizzazione del lavoro nuova, che rispetti e sostenga tutti. Quando ero a Rimini, ho seguito diversi casi al maschile, riguardanti uomini che avevano chiesto il congedo parentale. E qui a Ravenna ho seguito un papà che, per condividere in modo più equo gli impegni di cura con la moglie, necessitava di un orario più flessibile».

Nel 2020, a Ravenna, sono state due le persone che hanno dato la delega a Fierro per trattare direttamente con l’azienda. Oltre al papà citato, una donna che al rientro dalla maternità si era vista modificare l’orario in senso ancora più rigido, quando invece avrebbe avuto bisogno di una formula più elastica per gestire il bambino: «A Rimini seguivo una sessantina di persone l’anno, qui noto grande timore nel coinvolgere la Consigliera di parità. Significa che è una figura da promuovere sempre di più, ora stiamo distribuendo le nostre brochure anche nei consultori, dove le donne si possono intercettare meglio, in un periodo molto particolare della vita. E lo stiamo facendo insieme ai sindacati, che hanno il polso della situazione rispetto alle problematiche che si incontrano sul luogo di lavoro».

Una materia complessa, poco adatta alle semplificazioni che spesso si è portati a fare: «Si dice che il part-time sia la soluzione, quando invece si dovrebbe notare come il part-time porti a un impoverimento della donna, dell’intero nucleo familiare e di conseguenza si ripercuota negativamente sulle relazioni. Sarebbe molto meglio dire che servono modalità nuove di pensare e organizzare il lavoro, così come bisognerebbe ammettere che le dimissioni tutelate, che consentono a chi si dimette entro il primo anno di vita del figlio di avere diritto alla Naspi, siano in realtà ben poco tutelanti».

In questa ottica di modernità promossa da Fierro, un posto importante è occupato dal concetto di qualità del lavoro, più che di quantità: «Domina una cultura secondo la quale è il numero di presenze controllabili a determinare la produttività, quando invece è la qualità del lavoro a definirla. In questo senso, per me lo smart working non è la panacea ma è comunque una strada, i dati dell’Inail ci dicono per esempio che le donne spesso subiscono infortuni quando sono in transito, perché magari devono portare i figli all’asilo e a scuola e poi correre in ufficio, in una frenesia che non le abbandona. Dovrebbero farci riflettere anche i dati 2020 sugli infortuni Covid, che ci indicano come il 70% abbia riguardato le donne, segno del fatto che ricoprendo più degli uomini ruoli di cura e assistenza, sono state esposte di più al rischio. Del resto la pandemia ci ha fatto percepire l’esistenza delle cosiddette donne invisibili, così come ha smascherato situazioni che erano già in allarme, diseguaglianze che si producono in automatico e alle quali dobbiamo guardare con coraggio, proponendo modelli nuovi. La strada non può essere quella delle donne che si dimettono: valorizzarle e tutelarne significa fare l’interesse di tutti, anche degli uomini».

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