“La mia lezione nel cortile della scuola, un segnale anche per chi si sta abituando alla Dad”

Chissà come si divertivano, i ragazzi, nella scuola “normale”, quella in cui si entrava, si stava insieme, si imparava: è quello che dice la protagonista del racconto “The fun they have” che Isaac Asimov scrisse nel 1951, raccontando una scuola nella quale gli studenti fanno lezione a casa, chiusi nelle loro stanze, ascoltando un insegnante meccanico, un grande computer programmato per insegnare le varie discipline.

Un racconto distopico non proprio così distante da quel che succede oggi e che Elisa Alberghi, insegnante di Inglese all’indirizzo linguistico del liceo Torricelli-Ballardini di Faenza, ha scelto per la lezione che ha tenuto questa mattina, ai ragazzi della sua quarta, nel cortile della scuola. Lezione di cui ha parlato anche il canale Tv 8, nei cui studi, durante la diretta, c’era Ferruccio De Bortoli: “Sono arrivati in sei, altre due studentesse di Imola volevano venire ma a dissuaderle sono stata io: dovendo cambiare comune, avrebbero avuto bisogno dell’autocertificazione. Gli altri hanno seguito da casa, come ogni giorno. E il senso di questo mio andare un po’ contro gli schemi della didattica a distanza è stato proprio questo: invitare i ragazzi a non abituarsi, a non iniziare a credere che questa sia la scuola, a non assuefarsi. Del resto li vedo per lo più demotivati, deconcentrati. Mancano gli sguardi, il tendere la mano, l’ascolto, il sentirsi parte di qualcosa che è di tutti. La Dad è davvero una fatica per tutti”.

Alberghi, che in questi mesi ha spesso preso parte alle iniziative del comitato “Priorità alla scuola”, non esclude di organizzare altre lezioni in presenza, anche se all’esterno e a distanza: “Quella di stamattina è stata una sfida, abbiamo anche preso parecchio freddo. Ma è stato, oltre che un modo per incontrare i ragazzi, un messaggio per chi si sta adagiando sull’isolamento al quale gli studenti della secondaria di secondo grado sono ormai costretti. Lo dico anche da mamma di tre figli che frequentano le superiori e l’università e che dispiace vedere davanti a uno schermo. Se è vero che questo tempo potrà farci uscire rafforzati, perché avremo capito che nulla è scontato, nemmeno la scuola, è altrettanto vero che se non vogliamo compromettere la salute dei ragazzi, specie in termini di benessere e relazioni, questa situazione non dovrà durare troppo a lungo».

 

 

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