“Ho scelto la mastectomia totale, dopo il baratro oggi sono mamma”

«Ero nel pieno della vita, studiavo all’università, avevo ancora tutto da fare. Mai me lo sarei aspettato. Ma forse, essere così giovane, è stata la mia forza». Marika Ricci, 34 anni a ottobre, riminese, dopo un tumore al seno dei più invasivi, due mastectomie totali e 15 interventi di ricostruzione, è qui a raccontarci una storia che inizia nel 2009, quando è una studentessa di Ingegneria ambientale.

Lo fa da mamma di Edoardo, quasi cinque anni, anche se mamma qualcuno le aveva detto che difficilmente lo sarebbe diventata. E lo fa da quasi mamma di Sofia, visto che è incinta di cinque mesi. Due gravidanze arrivate naturalmente, contro tutti i pronostici.

Ma siamo nel 2009. Marika, che sotto la doccia è solita fare l’autopalpazione, una sera sente qualcosa che non la convince nel seno sinistro, in basso: «Dopo l’ecografia, mi hanno proposto l’ago aspirato. Ma io, che quel pomeriggio sono andata casualmente dal ginecologo per un controllo, perché tre anni prima ero stata operata per l’endometriosi, ho preferito ascoltare lui che mi proponeva una risonanza magnetica».

Risonanza dalla quale emerge che Marika ha solo un fibroadenoma da curare con anti-infiammatori: «Peccato che qualche mese dopo la massa che avevo sentito fosse sempre più grande, mi facesse male e la pelle fosse arrossata proprio in corrispondenza». Quando Marika ripete gli esami, la massa è arrivata a oltre cinque centimetri e qualche giorno le viene diagnosticato un carcinoma duttale infiltrante della mammella sinistra, non operabile: «Non c’era nulla da fare se non tentare di ridurlo con la chemioterapia, un incubo di sei mesi nel quale ho toccato davvero il fondo. Non c’è nemmeno stato il tempo di procedere con la conservazione degli ovociti, da quando ho saputo l’esito all’inizio delle terapie, a Meldola, sono passati solo alcuni giorni».

Marika ha solo 23 anni, ha un tumore al seno aggressivo, le spiegano che farà fatica, un giorno, a rimanere incinta: «Ero disperata e non avevo nemmeno la possibilità di confrontarmi con ragazze giovani come me che stavano passando la stessa esperienza. Ero preoccupata per la perdita del seno, chissà quale uomo mi avrebbe accettata con un corpo mutilato». Dopo la mastectomia al seno sinistro e la radioterapia, i medici iniziano con le indagini genetiche, scoprendo che Marika è portatrice di una mutazione nel gene BRCA1, che predispone al tumore al seno. Un tema passato alle cronache dopo il caso dell’attrice Angelina Jolie, che ha scelto la doppia mastectomia totale come forma di prevenzione: «Anche io ho scelto di togliere anche il seno destro. L’ho fatto grazie al percorso di consapevolezza, maturazione e condivisione fatto all’interno dell’associazione aBRCAdaBRA onlus, nata proprio per sostenere i portatori e le portatrici dell’omonima mutazione genetica: «Loro sono stati la mia luce nel tunnel: mi ero sentita, prima di incontrarli, una mosca bianca. Con loro, invece, ho avuto una guida scientifica e psicologica. E ho capito, poco a poco, che io l’inferno l’avevo già incontrato. E che la mastectomia profilattica al seno destro non sarebbe stata peggio».

Del resto ABRACAdaBRA, prima formando una rete sul web e poi costituendosi in associazione, in questi anni ha lavorato per seminare, anche tra i professionisti e i clinici più affermati nel campo della senologia, la percezione del rischio davanti ai pazienti e alle pazienti con la mutazione, portando nei tavoli istituzionali, anche ai piani più alti, le loro esigenze di salute. E tra le questioni emerse, c’è quella del valore delle testimonianze e delle esperienze di vita per sensibilizzare, in modo autorevoli, medici e pazienti. Cosa in cui anche Marika crede molto. Marika che, poco prima di quell’intervento così drastico deciso in tutta lucidità, a una festa di laurea incontra Federico, che oggi è suo marito: «Ho capito che era l’uomo della mia vita quando mi ha accompagnata a una visita durante la quale, però, mi hanno detto che mi avrebbero dovuto ricoverare per un intervento d’urgenza. Io non avevo nulla con me, lui mi è stato accanto per una settimana». Nell’agosto del 2014, mentre festeggiano i cinque anni dalla malattia, Marika e Federico decidono di provare ad avere un figlio: «Dentro di me pensavo non ci saremmo riusciti, al massimo dopo un anno avremmo provato con l’ovodonazione. Invece la fortuna è stata ancora una volta dalla nostra parte, sono rimasta incinta di Edoardo, che tra l’altro è nato il 28 luglio, giorno del mio anniversario con Federico».

Intanto Marika, con ABRCAdaBRA, ha iniziato a portare in giro per l’Italia la sua storia: «Da sani, se si scopre di avere la mutazione BRCA, non è facile prendere decisioni definitive per il proprio corpo e la propria vita. Per me è diverso, io ho vissuto la malattia sulla mia pelle e so di che cosa si tratta. Idem per chi ha perso una madre, una sorella: scegliere la mastectomia può essere un po’ più automatico, anche se è davvero una scelta molto personale». Marika ha poi scoperto che è il padre ad avergliela trasmessa: «Rispetto ai nostri figli, io e mio marito abbiamo deciso di non voler sapere nulla prima. Avendo fatto il test del Dna fetale avremmo potuto richiederlo ma abbiamo preferito rimandare. Con loro saremo attenti, forse ci faremo seguire, ne parleremo quando saranno grandi. Avere due figli, e soprattutto una bambina, sapendo quello che ho avuto, non è una cosa che si vive alla leggera, motivo per cui io e Federico ci siamo a lungo interrogati sul da farsi». L’anno prossimo Marika inizierà anche il percorso per l’asportazione delle ovaie, visto che la sua mutazione la predispone anche a quel tipo di tumore: «Anche in questo caso, sono molto determinata, perché so che cos’è il baratro e non lo voglio rivivere».

In questi anni Marika ha anche deciso di diventare un’insegnante di matematica e scienze, anche se quest’anno ha lavorato sul sostegno, scoprendo un mondo che ama moltissimo: «Ho sempre voglia di fare cose nuove e la testa piena di idee. Non sempre il corpo mi segue ma se mi guardo indietro credo davvero di avere sempre reagito con forza e coraggio. Ero così giovane quando mi sono ammalata che era come se mi vedessi da fuori, in terza persona, come se dovessi prendere Marika per mano e aiutarla. Dieci anni fa mancavano donne giovani con il mio problema che mi potessero motivare e far credere che la vita, prima o poi, sarebbe ricominciata. Oggi questa è la mia missione, essere di esempio». 

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