“Se la legislazione italiana, sulle famiglie omogenitoriali, ha evidenti lacune, i servizi si stanno invece attrezzando per fare un lavoro di accoglienza e inclusione che necessita, prima di tutto, di formazione”. Margherita Graglia, psicologa e psicoterapeuta, sarà domani 13 febbraio a Bologna per la prima giornata del seminario “Competenze per includere. Scenari del fare tra servizi e famiglie Lgbt” organizzato dalla Regione per raccontare come esistano, anche in Italia, buone prassi per fare in modo che le famiglie composte da due mamme o due papà si sentano messe sullo stesso piano delle altre.
L’esempio più illuminato che Graglia porterà è quello di Reggio Emilia, dove è nato un tavolo da lei stessa coordinato che mette insieme una pluralità di soggetti istituzionali che hanno sottoscritto 86 buone prassi: “Siamo riusciti a riunire Comune, Università, Asl, forze dell’ordine, tribunale e molti altri ancora. Si tratta del primo esempio in Italia”. Tra i punti messi nero su bianco per l’inclusione delle persone Lgbt ci sono anche alcune indicazioni per i servizi sanitari ed educativi: “Per i nidi, per esempio, a Reggio è stata rivista la modulistica per le domande, che prima prevedeva necessariamente di indicare un padre e una madre e oggi, invece, è molto più aperta e flessibile, pur rinunciando a definire i genitori 1 e 2 come è stato fatto da altre parti, cosa che non sembra promuovere la parità”.
Tra le buone prassi c’è anche e soprattutto la necessità di conoscere e capire: “I servizi, fortunatamente, hanno un buon livello di consapevolezza rispetto al bisogno di essere preparate sul tema, usando quindi un linguaggio adeguato. Le parole giuste, come per esempio genitore biologico e genitore sociale, servono a riconoscere e quindi a fare emergere dall’ombra famiglie che la legge non vede ma che sono sempre esistite. Magari un tempo i figli erano nati da precedenti relazioni eterosessuali e oggi, invece, sono progettati dalla stessa coppia omosessuale ma, nella sostanza, non sono forme familiari nuove”.
Per Graglia, che nel 2018 ha pubblicato sul tema “Le differenze di sesso, genere e orientamento. Buone pratiche per l’inclusione” (Carocci), tra le cose buone da fare ci sono anche, per continuare con gli esempi, la ricerca in cui alcune Università sono impegnate ma anche azioni più quotidiane, come l’adozione, da parte di alcune scuole, di testi che includano anche la raffigurazione o la narrazione delle famiglie omogenitoriali: “Quanto alla festa della mamma o del papà che a volte torna a fare notizia, invece, non sono per una condanna. Tutto dipende dal contesto ma soprattutto dalla disponibilità ad aprirsi anziché a chiudersi, ad aggiungere anziché a togliere. Ogni scuola può trovare il suo modo per festeggiare non solo le famiglie con una mamma e un papà ma anche le altre”.
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