Giulia Bassi: “Insegnare a Montecatone? La mia strada, cercavo questo posto da sempre”

“Era una vita che cercavo la mia strada, il mio posto, il mio ruolo. Alla fine, nel 2003, l’ho trovato qui”. Per Giulia Bassi, insegnante di Lettere, questo è l’ultimo anno di lavoro. Ed è anche l’ultimo anche anno come docente della scuola di Montecatone, l’ospedale di Imola per la riabilitazione delle persone con gravi lesioni spinali e cerebrali. Una scuola aperta nei primi anni Duemila, terzo esempio in regione dopo quelle del Rizzoli e del Sant’Orsola di Bologna.

“Ho attraversato 23 scuole, prima di approdare a Montecatone – racconta Giulia -. Volevo un lavoro che non sapevo esistesse. Sono figlia di un medico e sebbene nella scuola tradizionale non mi mancasse niente, c’era una parte di me che non trovava una corrispondenza. Quando sono arrivata, ho avuto una rivelazione: era proprio quello che desideravo. Casualmente, quando venni a sapere di questa opportunità. lavoravo proprio nell’Istituto alberghiero la cui preside aveva attivato la scuola del Rizzoli. Un incastro magico che mi ha permesso di vivere quel richiamo forte e immediato che ancora oggi sento. Ogni giorno, la realtà mi rivela quello che ho dentro, la mia storia”.

Solo così Giulia riesce a sostenere il carico emotivo che in un posto del genere inevitabilmente si respira: “Il fatto di poter essere una insegnante a 360 gradi, con tutto il mio io, mi consente di non sentire la necessità di staccare, quando torno a caso. Il modo che i ragazzi lesionati, che spesso sono i primi a consolare i genitori, dimostrano nell’affrontare il dolore è qualcosa che si tocca con mano, un’insegnamento che ricevo di continuo. Un’umanità così grande, davvero, nella vita l’ho vista in pochi posti”.

La scuola interna a Montecatone dispone di due sale: una per gli anni della materna, delle elementari e della medie (che fanno capo all’Istituto comprensivo 6 di Imola) e un’altra per la scuola superiore (che fa parte dello Scappi diretto da Vincenzo Manganaro) . Dove l’insegnamento è sempre personalizzato: “Ogni anno scolastico parte con le ore di lettere, matematica, lingue e scienze. Poi, mano a mano che arrivano i ragazzi, aggiungiamo docenti che coprono le materie di indirizzo delle scuole di provenienza. Abbiamo un modello flessibile, che tiene conto delle caratteristiche e delle condizioni dei pazienti. Pazienti che grazie alla scuola in ospedale non sono più malati ma studenti. La scuola, è confermato dai medici, consente di riportarli alla realtà durante degenze lunghe, se non lunghissime. Ho da poco salutato Elisa, una ragazza siciliana che qui ha fatto un intero anno scolastico”.

E quando si fa scuola, spesso la situazione di paraplegia o tetraplegia resta fuori dalla stanza: “Noi professori non siano medici, non possiamo sostituirci. Sappiamo poco del quadro clinico, a volte sappiamo solo quello che vediamo. Dopo quindici anni, posso dire che i pochi casi di rifiuto dell’insegnamento erano legati a precedenti esperienze negative con la scuola. Che qui mette al centro la persona, non certo il voto o l’interrogazione”.

Sono dieci, in questo momento, i professori coinvolti, per un totale di sei studenti:”Sono ancora in contatto con Alessandra, di Bari, la mia prima alunna a Montecatone, rimasta in carrozzina a causa di un incidente in pullman durante una gita della parrocchia. Si è laureata, è diventata una psicologa”. E quando pensa al prossimo anno, quando lascerà i suoi ragazzi, Giulia non ha dubbi: “Non me ne andò realmente. Continuerò a tenere lezioni di didattica ospedaliera all’interno di un master universitario a Torino, parteciperò agli eventi culturali di Montecatone, dove comunque rimarrò a fare volontariato”.

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