Le faccende domestiche non sempre sono ben viste dagli uomini. Anzi, c’è proprio chi latita, che non ne vuole sapere di collaborare. E così tutto resta sulle spalle delle donne. Si tratta di un fenomeno globale che interessa anche il cosiddetto occidente libero ma che in alcune società ancora fortemente patriarcali è particolarmente diffuso. Per questo in Uganda è stata presa una misura curiosa, estrema: una sorta di tassa sul sesso.

Sembra paradossale ma per ottenere rispetto le donne ugandesi chiedono di essere pagate dai mariti. In pratica, funziona così: dato che i mariti non si interessano ai lavori domestici, le mogli hanno stabilito di essere pagate per le loro prestazioni sessuali, a compensazione dei servizi che fanno in casa. La misura ha trovato il sostegno dei movimenti per i diritti per le donne i quali stimano che almeno 30mila famiglie ugandesi sono ormai coinvolte in questa pratica che inizialmente ha preso piede a Kampala, la capitale, per poi diffondersi in tutto il Paese africano.

Tina Musuya, direttrice del Centre for Domestic Violence Prevention, ha reso notoai media locali: “Se gli uomini sono irresponsabili e questo è l’unico modo in cui le donne possono ottenere abbastanza soldi per mantenere la casa, lasciamole fare, che tassino il sesso!”. Meno entusiastiche le reazioni del mondo religioso e dei leader politici conservatori: per questa fetta di opinione pubblica la misura non sarebbe altro che prostituzione domestica, “immorale e antireligiosa”. Il ministro per l’Etica e la Moralità (sic), il reverendo Simon Lokodo ha tuonato: “Il sesso è un diritto del marito”. Un diritto che però non di rado viene esercitato con forza, imposto e accettato dalle stesse donne che, per livello di istruzione o per altri handicap socioculturali, giustificano le violenze dei mariti: una su due, secondo un recente sondaggio. Per fortuna che si tratta dell’Uganda e che qui da noi…O no?

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