Giocherenda, a Ravenna il collettivo di rifugiati che insegna agli italiani la solidarietà

“Siamo grati all’Italia per averci accolti così. Ma pensiamo di avere anche tanto da insegnare agli italiani, adulti o bambini che siano. Questo è un paese che tradizionalmente ha un cuore grande ma alcuni valori stanno venendo meno: la voglia di stare insieme, collaborare, interagire, aiutarsi, condividere”. Inizia venerdì a Ravenna la tredicesima edizione del Festival delle Culture dove arriverà, direttamente da Palermo, il collettivo Giocherenda, un nome che nella lingua africana Pular significa interdipendenza, solidarietà. Diawara Bandiougou, vicepresidente, è un ragazzo di 19 anni arrivato in Sicilia dal Mali due anni e mezzo fa.

Venerdì alle 19,45, all’Almagià, durante l’iniziativa “La cittadinanza e la differenza s’imparano a scuola”, Diawara e i suoi – insieme a Franck Viderot – coinvolgeranno gli alunni e le alunne delle scuole primarie e medie in un grande gioco-performance.

Giocherenda, che lavora nelle scuole e nel campo dell’animazione, nasce infatti dall’idea che per restituire agli italiani il senso dello stare insieme si possa partire dal gioco: “Siamo noi stessi a ideare, realizzare, proporre e vendere giochi cooperativi dove i partecipanti sono almeno due. Giocare non serve solo a creare legami ma anche a stimolare le persone a raccontarsi e, in fin dei conti, ad avvicinarsi”.

E un assaggio lo si potrà avere sabato 9 giugno alle 10 all’Almagià con “Giocherenda è tutta un’altra storia”, un workshop che è anche una conferenza interattiva: ai minori non accompagnati e i ai loro educatori verrà proposto un training all’eroismo quotidiano, alternando video, testimonianze, dibattiti e giochi. Perché quando si lascia tutto per ricominciare altrove, bisogna anche credere nelle proprie risorse, essere consapevoli, emanciparsi, crescere.

Ed è proprio questo il messaggio: “Noi ci rifacciamo alle teorie dello psicologo americano Philip Zimbardo – conclude il vicepresidente – secondo il quale i rifugiati come noi possono essere formatori ed esempi di resilienza e coraggio, aiutando gli altri. Com’è possibile, infatti, che persone come noi che scappano da situazioni difficili, affrontano viaggi terribili e provano a integrarsi in un Paese nuovo non possano restituire tutta l’umanità e la forza che ci sono dietro?”.

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