Più competenze per valutare la capacità testimoniale del minore, tempi accorciati tra la valutazione e l’audizione, nessuna domanda suggestiva ai bambini. Sono le istanze che Francesca Siboni, psicoterapeuta psicoanalitica infantile, CTU del Tribunale ordinario di Ravenna e Ct della Procura di Ravenna, porterà a Ravenna il 25 giugno durante un incontro che si terrà in tribunale (presto tutti i dettagli dell’evento). Siboni è anche curatrice, insieme a Ugo Uguzzoni, del libro “La prospettiva del minore nella C.T.U.” (Franco Angeli).
Dottoressa, il dibattito sulle figure professionali che ruotano intorno al minore presunta vittima nel procedimento penale è aperto. Che cosa la preoccupa di più?
“Il fatto che lo psicologo o lo psichiatra non sia adeguatamente formato o che non abbia l’esperienza giusta. Oggi, purtroppo, pullulano i brevi corsi, on-line e a basso prezzo. Eppure, questa è una materia altamente delicata, non ci si può improvvisare. Lo dico a tutela del bambino ma anche dell’adulto, spesso un genitore o un familiare, che se non sono stati eseguiti tutti i passaggi giusti potrebbe essere ingiustamente accusato di reati molto gravi, come i maltrattamenti e l’abuso. Sto lavorando all’idea di organizzare proprio a Ravenna un corso sulla consulenza psico-forense”.
Quali aspetti si considerano, quando si valuta la capacità del minore di riferire la verità dei fatti?
“Il funzionamento della memoria, la sua capacità a rievocare il passato, il contesto delle sue relazioni. Con il bambino, in quella sede, non si deve parlare in nessun modo del motivo per cui dev’essere sentito dal giudice”.
Una volta stabilito che il bambino può essere sentito dal giudice, che cosa succede?
“Succede, molte volte, che passino parecchi mesi. I tempi della giustizia, purtroppo, non sono gli stessi della crescita emotiva e affettiva del bambino. E questo è un grosso problema. Perché nel frattempo quell’esperienza ha lavorato chissà come dentro al bambino. E in pochi si chiedono qual è stato, nella sua vita, l’aspetto compromesso, in quale fase dello sviluppo sia avvenuto il fatto contestato, se il bambino è sostenuto adeguatamente. Aspettare vuole anche dire, a volte, che il ricordo si modifica, si arricchisce di pensieri ed emozioni”.
Quando l’accusato è un genitore, il rischio di danni è ancora maggiore?
“Sì, perché magari nel frattempo il bambino quel genitore non lo può vedere o lo vede solo nei cosiddetti incontri protetti. E il rapporto con il padre o la madre, a seconda dei casi, diventa terreno nel quale possono inserirsi fantasie”.
Durante l’audizione, invece, quali sono le principali precauzioni da prendere?
“Ci sono protocolli specifici da seguire, l’importante è conoscerli e applicarli. Si sbaglia quando si cerca di suggerire al bambino la risposta, quando si manda al bambino il messaggio secondo il quale deve fare bella figura, quando non si rispetta la sua spontaneità, anche quella che lo potrebbe portare a non voler rispondere ad alcune domande”.
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