La Corte d’Appello di Milano ha condannato l’Inps a pagare il bonus mamma di 800 euro alle donne straniere presenti in Italia senza permesso di soggiorno di lunga durata. Secondo calcoli fatti dallo stesso istituto si tratta di una somma complessiva di 18 milioni di euro. Come rende noto l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) i magistrati lombardi hanno confermato la decisione di primo grado. Il riconoscimento una tantum di 800 euro spetta dunque anche alle donne immigrate con permesso di breve durata, categoria che inizialmente era stata esclusa dall’Inps – proprio per non ampliare i costi – ma che i ricorsi giudiziari hanno reintegrato fra i beneficiari al punto che l’istituto qualche settimana fa è stato costretto ad emanare una circolare interpretativa del bonus mamma: “I premi – è scritto nel documento – verranno corrisposti con riserva di ripetizione se, all’esito del giudizio di impugnazione del citato provvedimento giudiziale da parte dell’Istituto, emergerà un diverso orientamento giurisprudenziale”. Fondamentale il punto della “riserva di ripetizione”: gli 800 euro cioè verranno erogati ma se qualche sentenza ribalterà in modo definitivo quella del tribunale di Milano verranno chiesti indietro (con tutte le difficoltà del caso di rintracciare persone che hanno solo un permesso di soggiorno breve: se non saranno più in Italia come potranno restituire i soldi?). Non è ancora detta l’ultima parola, dunque.
Infatti, commentando l’ultima sentenza, l’Asgi rende noto: “Se l’Istituto mantenesse la ‘riserva’ sui pagamenti e decidesse di proseguire nel giudizio, i beneficiari che hanno nel frattempo ottenuto il titolo, resterebbero in una situazione di incertezza per altri anni, fino alla decisione della Cassazione. La situazione sarebbe paradossale non solo perché trattasi di prestazione che ha esattamente lo scopo di creare condizioni di maggiore serenità e sicurezza nel momento della nascita, ma anche perché, in questo contesto, la singola mamma avrebbe interesse a garantirsi un titolo di credito proprio (cioè una decisione del giudice che riguardi espressamente il suo caso) distinto da quello che deriva dalla decisione sulla causa collettiva; in tal modo si perderebbe l’effetto ‘deflativo’ che le stesse associazioni perseguivano, con il rischio di una moltiplicazione di giudizi individuali, a spese della collettività”.
Un bel caos, insomma, che le stesse associazioni che hanno fatto ricorso chiedono di chiudere in modo definitivo chiedendo all’Inps di erogare senza condizioni i 18 milioni di euro – somma calcolata dal presidente Inps Tito Boeri – complessivi del bonus mamma alle straniere senza permesso di soggiorno ‘lungo’. Una posizione che ha già fatto discutere e che continuerà a fare discutere: da più parti era stato fatto notare che in un momento di tagli generalizzati allo Stato sociale, di rinunce e di sacrifici, estendere il bonus anche alle donne straniere che per un qualche motivo non risiedono stabilmente in Italia è un provvedimento quantomeno azzardato per le casse pubbliche. Adesso la palla passa all’Inps: cosa farà l’istituto? Pagherà senza battere ciglio o resisterà in giudizio con tutte le incertezze e le conseguenze del caso?
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