“Aspetto di vedere tuo figlio in ospedale per farmi quelle grasse risate che divertono voi bulletti da social. Non vedo l’ora di vederlo moribondo per sfotterlo sui social”. A scrivere questa frase agghiacciante su Twitter è Alice Pignatti, la mamma di Cesena nota per la sua battaglia a favore dei vaccini.

Un frasario che curiosamente ricorda proprio quello dei bulletti da social tanto detestati e citati dalla Pignatti e che decisamente non si addice a chi si è intascata 9216 euri per curare una campagna di comunicazione a favore dei vaccini. Lo scorso anno il contestato bando della Regione Emilia Romagna ha infatti premiato la signora dai capelli e dagli occhiali rossi (come da scintillante profilo Twitter) anche perché è l’unica che si è presentata, forte dei requisiti richiesti dall’ente pubblico: laurea al Dams con indirizzo arte.

Caratteristiche che se in questioni estetiche diventano fondamentali (abbinare il punto di rosso dei capelli col punto di rosso degli occhiali è un’abilità che non tutti hanno, va riconosciuto), in materia scientifica c’entrano come il cavolo a  merenda. Eppure lo stesso assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi ha difeso la scelta (“Volevamo comunicazioni innovative e creative”) e, a suo tempo, ha chiuso il caso: a divulgare la campagna di vaccinazione regionale è rimasta saldamente la Pignatti. Stop alle polemiche.

Il problema è che ora se ne riapre un’altra. E mica da ridere. Ieri, in una conversazione pubblica su Twitter, la Pignatti (o chi per lei usa il suo account: concediamole il beneficio del dubbio) si è lasciata andare e un altro utente, tale Diego B., ha ritwittato le sue parole con il seguente commento: “Ecco quanto alla sig.ra Pignatti, testimonial per la campagna sui vaccini, sta davvero a cuore la salute dei bambini”.

Qui non si tratta di essere a favore o contro i vaccini, non entriamo neanche nel merito della questione, ma di usare un linguaggio che, oltre a dividere e a creare malumore e ostilità, è profondamente irrispettoso e offensivo proprio per coloro che la campagna dice di voler tutelare: i bambini. E’ vero che ormai la rissa da bar imperversa anche sul web ma quando si ha un incarico pubblico o una certa visibilità mediatica (anche di straforo), il buon senso consiglierebbe di evitare certi toni. Altrimenti si rischia di ottenere l’effetto contrario alle proprie intenzioni. Come ad esempio succede col dottor Roberto Burioni: non sono pochi coloro che, pur essendo favorevoli ai vaccini, non approvano i toni da crociata dell’immunologo.

Rendiamoci conto. La Pignatti, che probabilmente vuole emulare proprio lo ‘stile Burioni’ (con cui si fa orgogliosamente fotografare), con i soldi pubblici conduce una campagna per salvare i più piccoli e poi augura la morte ad un bambino. Rileggiamo il cinguettio della signora: “Aspetto di vedere tuo figlio in ospedale per farmi quelle grasse risate che divertono voi bulletti da social. Non vedo l’ora di vederlo moribondo per sfotterlo sui social”.

Eh, già. Con le parole non si gioca, mamma Pignatti: moribondo viene dal latino moribundus e significa “che sta per morire”, “che è prossimo alla morte”. Al Dams (indirizzo arte) glielo hanno insegnato? O anche questa espressione rientra nel concetto di “comunicazioni innovative e creative”? A proposito: l’assessore Venturi e la Regione non hanno niente da dire? Tutto a posto anche questa volta?