La donna si era presentata con forti dolori addominali al pronto soccorso. Le si erano rotte le acque alla 38esima settimana di gravidanza. I medici avevano optato per un taglio cesareo d’urgenza, durante il quale il bimbo però era morto a causa di una condizione ipossico-ischemica causata dal distacco della placenta. Adam, questo il nome del piccolo, era deceduto dopo soli 25 minuti dalla nascita. Per questo episodio, verificatosi il 17 giugno 2016 all’ospedale di Sassuolo, sono indagate due ginecologhe dell’ospedale di Sassuolo, S.M. e F.R.: per loro l’accusa è di omicidio colposo. Dovranno anche rispondere di lesioni personali colpose nei confronti della madre del piccolo, costretta a tornare in ospedale altre due volte dopo il tragico parto per essere sottoposta ad un intervento chirurgico per un drenaggio pelvico. L’intenzione del pm è quella di chiedere il rinvio a giudizio per le due dottoresse mentre per altre nove persone (medici e ostetriche) è stata chiesta l’archiviazione.
La donna, T.D.P., 38 anni all’epoca, aveva avuto una gravidanza travagliata con pressione alta, diabete gestazionale e un peso eccessivo, visto che era arrivata a raggiungere i 120 chili. Secondo le accuse della famiglia con la donna, già madre di tre figli, era stato tentato un parto naturale per oltre due ore, salvo poi passare al cesareo d’urgenza: “Perché non sono intervenuti con un cesareo programmato? Perché provare per forza con il parto naturale? Perché correre dei rischi quando si può evitare?”, si sono chiesti i familiari. Tutti interrogativi ai quali il processo cercherà di dare una risposta.
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