E’ entrata in aula, durante un’udienza del Tar a Bologna, per assistere ad un procedimento in materia di appalti ma ne è uscita ben presto. Indossava il velo islamico e alla richiesta del presidente di toglierlo, la donna, una 25enne praticante avvocato, ha preferito andarsene.
Come riferisce l’agenzia di stampa Agi, il presidente della seconda sezione del Tar dell’Emilia-Romagna, Giancarlo Mozzarelli, ha chiesto alla giovane di togliere il velo ma lei si è rifiutata. Poi, alla stessa agenzia, la 25enne, un’italo-marocchina che da anni vive a Modena, ha detto: “Non mi era mai successo prima, ho assistito a decine di udienze”. Il giudice, riferisce l’Agi, avrebbe specificato “che si tratta del rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni“. La ragazza ha quindi contestato il fatto che alla base della richiesta non vi sarebbe alcun fondamento di legge. Una versione che però viene contraddetta da un cartello appeso sulla porta dell’aula in cui si è svolta l’udienza. Si tratta del richiamo all’articolo 129 del codice di procedura civile: “Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio. E’ vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo”.
La sentenza 14 marzo 2017 emanata dalla Corte di giustizia europea stabilisce che “il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva”. A meno che, aggiunge la stessa decisione, “non venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro” comporti “un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia”.
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