Fiocco sul grembiule sì o no? Se una regola schiaccia la personalità

La ribellione al fiocco sul grembiule è finita. Punto, stop, kaputt. Ha vinto, ahinoi, la (buona) scuola.

Alla “regola stupida”, come l’ha sempre definita mia figlia, di decorare il grembiule (bianco) delle bambine con un nastro che cambia colore ogni anno, lei aveva detto no in prima elementare. Dopo qualche giorno ligia al dovere, si era staccata il fiocco e aveva detto basta: “Mamma, non lo sopporto”.

E ci credo. Perché se odi il rosa, le gonne e quando sali da Zara vai nel reparto boy, il fiocco è un boccone indigesto.

“Come ti fa sentire, amore?”
“A disagio. Molto a disagio. Come se mi costringessero a tenere i capelli lunghi”. 
Un problemino, per carità, dentro l’enormità di difficoltà che la scuola oggi vive. E allora, dopo anni ad assecondarla, legittimata anche dal fatto che nessuno le abbia mai fatto notare la cosa in classe, quest’anno – chissà perché – le insegnanti sono tornate alla carica: “Il fiocco, da lunedì il fiocco”.
Allora siamo tornate sull’argomento, lei in lacrime e io a mediare. Perché il confine tra il rispetto delle regole (anche insensate) e il rispetto per la personalità dei bambini e delle bambine è forse troppo labile.
Ribellandomi insieme a mia figlia al fiocco l’avrei spinta a non rispettare le regole? (“Sai quante cose non piacciono a me eppure devo farle?”, le ha fatto notare la maestra). O avrei mandato alla scuola il mio modestissimo messaggio, ovvero che non si può imporre a una bambina che non tollera gli abiti femminili, perché non in linea con il suo essere, un fiocco enorme sul colletto del grembiule, oltretutto inutile (anzi, inutili entrambi)?
Alla fine, affranta, mia figlia ha detto sì al fiocco. Forse per quieto vivere, sicuramente per non essere più ripresa davanti all’intera classe su un fatto all’apparenza di poco conto ma che in realtà la fa soffrire.
Alla fine della fiera, mi chiedo: questo è uno di quei casi in cui la frustrazione fa bene e serve a crescere?
O uno di quelli in cui la scuola va a caccia dell’appiattimento e dell’omologazione e delle diversità – nemici da combattere – se ne sbatte?

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