“Capisco chi entra in depressione, chi pensa di farla finita. Arrivano a farti sentire una persona spregevole, ti convincono che quello che dicono è vero. Io mi ero chiusa in casa, passavo il tempo a leggere i commenti e a rispondere, sprofondando sempre di più nella disperazione”. Erica Liverani, 33 anni, vincitrice dell’edizione 2016 di Master Chef, venerdì 28 aprile dalle 8 alle 13 al Palazzo dei Congressi di Ravenna parteciperà alla tavola rotonda di Cuore e Territorio “Diventa il regista del cambiamento” dove incontrerà gli studenti di seconda e terza media.
Erica, cosa è successo, dopo la vittoria del programma?
“Tutto è iniziato qualche tempo prima della finale, quando ero già in buona posizione. Poco a poco gli insulti diretti a me, sui social, hanno iniziato ad aumentare, fino a diventare diverse migliaia al giorno. Il punto è che non ero affatto pronta. Fino a poche settimane prima ero considerata la povera mamma sola abbandonata dal padre di sua figlia. Di punto in bianco sono diventata una persona invidiabile e invidiata, sulla quale scaricare rabbia e frustrazione: un vero colpo nello stomaco per una come me, abituata a vivere in una realtà piccola, dove il massimo dell’invidia lo raggiungi a scuola, quando noti che il vestito della tua compagna è più bello del tuo”.
Che effetto ha avuto su di lei, tutta questa ondata?
“Pesantissimo. Anche i miei genitori, che non sapevano quasi cosa fosse Facebook, hanno sofferto molto. Molti mi dicevano di non leggere i commenti, di lasciarli perdere. Ma io, all’inizio, rispondevo a tutti. Fino a quando un giorno, mentre ero in un negozio di elettrodomestici, ho visto venirmi incontro due poliziotti: ero in uno stato emotivo talmente pessimo che la mia testa era convinta stessero venendo a prendere me, mentre volevano solo sapere se avessi vinto Master Chef o no. Pochi giorni dopo, quando ho urlato contro la mia bambina di tre anni solo perché aveva rovesciato un bicchier d’acqua per terra, ho capito che dovevo fermarmi. Non potevo continuare così, non potevo pensare che qualsiasi persona a me sconosciuta fosse lì per denigrarmi”.
Alla fine non ha denunciato nessuno: perché?
“Perché avevo già perso tre mesi della mia vita a soffrire e non volevo sprecare altro tempo tra questura e processi. Avevo iniziato a godermi i frutti di tanto sacrificio, a partecipare a eventi e ad avere molti impegni lavorativi e mi sono concentrata sul recupero della mia felicità. Ho ancora il dente avvelenato perché mi hanno massacrata. E chi lo ha fatto è rimasto impunito. Ho conservato nomi e screenshot. Ma non ho pensato a vendicarmi. In fondo, come mi ha più volte fatto notare la mia psicologa, i problemi li ha chi insulta gratuitamente, non chi viene insultato”.
Gliene hanno dette di tutti i colori: che cosa le ha fatto più male?
“Tutto, perché gratuito e non vero. Mi hanno dato della puttana, mi hanno accusata di avere aperto le gambe per arrivare fino lì, mi hanno detto che faccio schifo. Bastava che mi fossi dimenticata di comprare un pacco di riso per preparare gli arancini, durante la spesa, e partivano alla carica. Certe parole non riesco ancora a ripeterle, talmente mi hanno ferita: è stata un’esperienza terribile”.
C’è un riscontro positivo, in questa agghiacciante vicenda?
“Ce ne sono almeno due. Il primo è che voglio che la mia esperienza sia utile per parlare ai ragazzi, che devono sapere che il debole è il bullo, non il contrario. Nel mio caso, gli insulti hanno iniziato a calare quando mi sono mostrata forte, quando ho dato risposte un po’ ‘superiori’. In quel caso i bulli si spaventano, si allontanano e vanno probabilmente a scegliere un’alltra vittima. L’altro risvolto riguarda me come mamma: so bene, ora, che cosa bisogna prevenire, visto che il fenomeno esiste. Credo fortemente nella famiglia, nell’amore che si dà ai figli. E non voglio puntare solo a proteggere mia figlia da quello che un giorno potrebbe succederle. Voglio sempre tenere a mente che anche lei, come i figli di tutti, in futuro potranno essere dei bulli. Non bisogna mai dire ‘a me non succederà mai’, perché non lo sappiamo. Spero che la mia esperienza possa servire. Dalla produzione del programma mi hanno detto in passato di non raccontare questa vicenda. Ma io credo che se ne debba parlare sempre di più”.
Questo il programma della giornata:
Dopo il saluto del presidente dell’associazione ‘Cuore e Territorio’ Giovanni Morgese interverranno: l’assessora alla Pubblica Istruzione e all’Infanzia del Comune di Ravenna Ouidad Bakkali, il dirigente dell’Ufficio Scolastico territoriale Agostina Melucci, il primario di Cardiologia Massimo Margheri, il magistrato Cristina D’Aniello, il regista Gerardo Lamattina, il comandante della Polizia Postale di Ravenna Alessandro Danese, la psicologa Alessandra Bolognesi e la cardiologa Federica Giannotti.
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