
“Sono qui a piangere un figlio senza sapere perché”. Ci aveva detto queste parole, la scorsa estate, Giuseppe Piccione, il papà adottivo di Vadim, morto a soli 22 anni, l’8 luglio del 2012, a Riccione, durante il fine settimana della Notte Rosa. E ora da Ravenna, dove vive, Giuseppe torna a parlare. Perché l’inchiesta, chiusa nel 2013, è stata riaperta dalla Procura di Rimini.
“In questi quattro anni – ci racconta – non ho mai smesso di combattere per sapere la verità sul decesso di mio figlio. Ho trovato un medico legale, ad Ancona, che ha contestato in tutto e per tutto l’esito dell’autopsia, che oltretutto venne eseguita su Vadim quando il suo corpo era già in avanzato stato di decomposizione, visto che all’obitorio non c’era posto e venne lasciato per troppo tempo in un sacco, al caldo. Secondo il medico legale Vadim non è morto per annegamento. Ed è quello che anche io ho sempre sostenuto, pur senza accusare nessuno”.
La speranza di Giuseppe e della moglie è che le indagini ripartano da un punto diverso: “So di alcuni referti conservati sotto paraffina, da cui potrebbero cominciare i nuovi esami. Ho fiducia nella giustizia e mi auguro che non si torni a ripercorrere, a livello investigativo, la stessa strada che ha portato ad archiviare il caso”.
Piccione non esclude che la morte per annegamento, alla fine, venga confermata: “Tutto è possibile. L’importante, a mio avviso, è che tutto venga fatto come va fatto. Confido nel buon senso della Procura. Troppi passaggi, nella storia della morte di Vadim, non tornano”.
Archiviate, nel frattempo, le denunce presentate dal padre di Vadim dopo che, sul lungomare di Riccione, erano scomparse prima il manifesto e poi la foto affissi alla lapide in memoria del figlio: “Sono passato qualche giorno fa di là. La foto di Vadim c’è. Spero non succedano più cose simili”.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta