Dalle allergie alimentari più comuni – quelle all’uovo e al latte vaccino – nell’80% dei casi si esce. E non è vero che, per la diagnosi, bisogna aspettare i due anni di età. Lo sostiene Giampaolo Ricci, professore associato di Pediatria all’Università di Bologna e responsabile del programa “Allergologia, Pneumologia ed Immuno-Reumatologia” del Sant’Orsola-Malpighi.
Professore, in quali attività di ricerca è impegnato, al momento?
“Sto seguendo l’evoluzione di alcuni pazienti sottoposti a desensibilizzazione. In pratica, in quei soggetti mirati che – nonostante il passare del tempo – non hanno sviluppato la tollerenza verso l’alimento al quale sono allergici, proponiamo un’introduzione graduale, a piccolissime dosi, dell’alimento. Operazione che viene fatta in ospedale, sotto la nostra supervisione, essendo una procedura a rischio che dobbiamo tenere sotto controllo”.
In genere, la reazione entro quanto tempo avviene?
“Nell’arco di un’ora dall’assunzione. I segnali, però, sono molto variabili: si va da un po’ di orticaria intorno alla bocca fino all’anafilassi. Le allergie alimentari colpiscono il 3/4% della popolazione nei primi anni di vita. In un caso su dieci le reazioni sono gravi. Motivo per cui dobbiamo sempre stare allerta”.
Quanto tempo occorre per diventare tolleranti?
“In genere, a sette/otto anni il bambino che era allergico alle proteine del latte vaccino o all’uovo, non lo è più. Al massimo puà sviluppare, da adulto, allergie ai pollini. Il discorso è diverso per pesce e frutta secca: si tratta in genere di allergie che uno si porta dietro tutta la vita”.
Per la diagnosi, come vi muovete?
“Il Prick test a livello cutaneo è quasi sempre sufficiente. Per ultieriori approfondimenti, ricorriamo agli esami del sangue. Sono indagini che ci capita di fare, seppur di rado, anche in Neonatologia, su bimbi molto piccoli che hanno reazioni anomale all’assunzione di latte in formula. Le allergie alimentari non hanno limiti di età per la diagnosi”.
Sull’introduzione degli alimenti durante lo svezzamento, invece, che posizione avete?
“Abbiamo studiato la situazione americana, dove l’introduzione di alcuni alimenti viene davvero molto posticipata. Cosa che in Italia e in Europa, in realtà, negli ultimi decenni non si è mai verificata. Noi diciamo che dai cinque mesi, ma soprattutto valutando lo sviluppo del bambino – se regge la testa, se accetta il cucchiaino – si può iniziare a introdurre piano piano gli alimenti. E che entro l’anno di età è bene avere fatto assaggiare tutto”.
Anche il latte vaccino?
“Per il latte vaccino meglio aspettare l’anno. Non per un rischio di allergie, quanto per una questione di digeribilità. Il bambino, comunque, yogurt e formaggi può mangiarli ben prima dell’anno. Insomma, nessuna rivoluzione rispetto allo svezzamento cosiddetto classico”.
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