Domestic violenceDa un anno e mezzo in quello di Ravenna e a breve anche a Lugo. È la refertazione psicologica pensata per le donne che arrivano in ospedale perché hanno subito una violenza. Un servizio al quale le vittime possono scegliere se aderire o meno.

Sono 65 le donne che hanno acceduto al percorso, secondo i dati di Linea Rosa, da febbraio dell’anno scorso ad aprile di quest’anno: “L’età media – spiega la vicepresidente Monica Vodarich – è 42 anni e le donne sono per il 70% italiane”.

Ma a che cosa serve, esattamente, affiancare al referto clinico quello psicologico? Lo spiega Giovanna Piaia, ex assessore alle pari opportunità del Comune di Ravenna, nominata dall’Anci come referente per l’Emilia-Romagna, al Governo, della Cabina di regia interistituzionale per il Piano straordinario contro la violenza di genere: “Sul cosiddetto codice rosa, in Italia, esistono diversi modelli. Io, per esempio, ho contestato la metodologia di Grosseto, dove le forze dell’ordine arrivano in pronto soccorso quando una donna si presenta per avere subito maltrattamenti. A Ravenna ci siamo ispirati a quanto inventato da Elvira Reale, direttore del Servizio psicologia del San Paolo di Napoli, secondo la quale è necessario valutare, oltre al danno fisico, anche quello psicologico. Uno strumento utile per dare valore alla testimonianza della donna in sede di eventuale processo, dove magari già esistono pregiudizi che tendono a screditarne il racconto, soprattutto se la vicenda risale a diverso tempo prima”.

A Ravenna, così come a Faenza (che poi invia le pazienti a Ravenna), succede bene o male così: dopo aver visitato la donna e aver scritto il referto secondo una procedura ben precisa che contempla da quattro anni, per esempio, anche le fotografie alle lesioni, le si dà un nuovo appuntamento per la refertazione psicologica, al quale all’inizio era presente anche un’operatrice di Linea Rosa. Appuntamento in differita, appunto, che rappresenta un’opportunità a freddo che la donna può cogliere o meno: alla donna viene spiegato che nell’ambulatorio di psicologia le verrà fatta una consulenza che esiterà in un referto preciso, che verrà aggiunto a quello già scritto dal pronto soccorso in precedenza. Referto che potrà essere acquisito, eventualmente, dalla Procura.

Tra le sostenitrici del progetto c’è Maria Pazzaglia, primario dei Pronto soccorso di Ravenna, Faenza e Lugo: “A spingermi a sostenere la necessità della refertazione psicologica sono stati sia l’incremento di accessi, per maltrattamenti, alle strutture del Pronto soccorso, sia l’idea di offrire alle donne che subiscono violenza l’opportunità di affrontare in maniera razionale e tecnica il problema con personale dedicato e formato, con psicologi, a cui sia possibile inviare le pazienti dal Pronto soccorso sin dal primo accesso”. A fare da guida, appunto, il modello di Elvira Reale, che a Napoli “ha creato uno sportello per accedere alla refertazione che viene poi inviata alla Procura nei casi di competenza, costituendo una prova ad uso della giustizia per mettere in sicurezza la donna quando necessario”.
Secondo Pazzaglia è importantissimo, in questo senso, il coordinamento tra le istituzioni, proprio a partire dalla doppia diagnosi medica e psicologica: “Lo è sia nella fase di prima accoglienza che in successione, con un accesso all’ambulatorio psicologico. Un coordinamento reso possibile, a Ravenna, dalla collaborazione tra Comune, ospedale e Centri antiviolenza”.

E i risultati si toccano con mano: “A Ravenna vengono inviate all’ambulatorio circa quattro pazienti ogni settimana. Chiaro, occorre che le donne abbiano fiducia in questo strumento e il coraggio di ricorrervi, portando allo scoperto i loro problemi spesso complicati dalla presenza dei figli e dalla paura. Lo strumento va diffuso a tutte le aree ospedaliere in cui è presente un pronto soccorso. Presto sarà in vigore in tutta l’Asl Romagna. Intanto, in quella di Ravenna, gli operatori sanitari sono tutti formati e informati. Il percorso è stato condiviso da medici di pronto soccorso, psicologi, urologi, ginecologi, pediatri e chirurghi”.