Sedici ettari tra orto, frutti e grani antichi, more, bosco e anche un giardino. A Gargallo, frazione di Carpi alle porte di Modena, Gianluca Bergianti, con la moglie Simona e due figli piccoli, ha un’azienda agricola biodinamica che ha chiamato Terrevive. Con lui lavorano braccianti speciali: persone con handicap, carcerati, studenti in stage, ragazzi sulla soglia della povertà. Se per tutti loro questa è un’opportunità di riscatto e spazio di relazioni nuove, per la famiglia Bergianti è stato anche un cambiamento totale dal punto di vista aziendale.
“Per i disabili sto progettando un orto alla francese, con corsie più ampie e accessibili, misurate su di loro. L’orto tradizionale ostacola il lavoro ai ragazzi down, così precisi e rigorosi”, osserva il titolare che già guarda al prossimo step. In realtà, tutto è cominciato grazie al contatto con la Cooperativa sociale Nazareno, organizzatrice del Festival Nazionale delle Abilità differenti, che ha la sua sede a pochi km di distanza. Dai tirocini con i disabili il progetto si è allargato a vera e propria Fattoria sociale e ora Gianluca, oltre al suo dipendente storico, ha assunto un ragazzo autistico di 21 anni che, da quando lavora in azienda, non solo ha fatto enormi progressi, ma è uno dei pilastri dell’attività: “è perfetto per me, con il suo rigore e la capacità di portare a termine ogni compito in maniera precisa e puntuale”, osserva il titolare.
Già, perché uno degli effetti positivi di essersi aperti a queste “abilità differenti” è stato il miglioramento della capacità organizzativa, dovendo orientare step by step persone e competenze diverse. L’agricoltura biodinamica, poi, è l’ideale: “Aperta e non intensiva, richiede molta manodopera e un’attenzione ai dettagli in cui spesso i disabili superano i cosiddetti normodotati”.
L’impatto sulla famiglia non è sempre facile: “Siamo abbastanza abituati ad accettare la disabilità, ad esempio, ma non sempre chi ha avuto problemi con la giustizia. Alcuni carcerati – racconta – sono anche fuggiti da altre aziende approfittando del minor controllo. Il ragazzo che è stato con noi, invece, è rifiorito: non usa più farmaci, ha smesso di fumare. E nessuno sa smontare e rimontare un tosaerba come sa fare lui”.
Da bravi emiliani, gli ostacoli e le differenze si superano a tavola; il pranzo, infatti, è sempre in comune. “I nostri figli vivono in mezzo alla natura, hanno imparato a condividere il cibo con persone diverse e… non solo le accettano, ma si dimostrano anche più educati. Cosa chiedere di più?”.
Eppure il percorso delle Fattorie e imprese sociali in Italia non è omogeneo. In Regione si sta lavorando a una normativa adeguata, in cui al reddito agricolo sia agganciata – in maniera subordinata per evitare chi vuole solo arricchirsi sulla pelle degli altri – la finalità sociale. “Quando ci si accorgerà del valore aggiunto di queste esperienze – chiarisce Bergianti – ci sarà il grande cambiamento: il disagio e la disabilità ti impongono di ritarare completamente il lavoro. Prima, chi veniva nella nostra rivendita era preso dalla fretta, come accade al supermercato. Ma ora, e ce lo dicono i nostri stessi clienti, tutto è più umano e si sperimenta la bellezza di stare un luogo che cerca di mettere al centro la persona”.
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